Tutto l'amore del mondo

Capitolo XX- Domani


Sangue.

Una… due… tre gocce di sangue…

Quattro… cinque… lentamente…

Come doveva essere…

O l’avrebbe uccisa…

Riuscendo dove avevano fallito la crudeltà, il dolore… e un mondo che sembrava in agonia…

E pareva assurdo… che un ago potesse riuscire… dove tutto ciò aveva fallito..

Sei… sette… otto…

E Spike si chiedeva se si fosse mai accorto… di quanto poco il sangue potesse sembrargli cibo…

Era rosso, vivo, come l’occhio misterioso di un rubino… scuro, contro la pelle pallida del braccio di Kate… così esague da sembrare trasperente…

Vitale… quento lei sembrava stanca… e spenta…

Eppure c’era così tanta vita in quel corpo adagiato sul letto, in quelle dita, leggermente protese in avanti… e nel respiro sottile che le usciva dalle labbra…

Caldo… profumato come vento… contro la pelle ustionata di Angel…

Eppure c’era stata così tanta forza nella sua voce, quando a coloro che volevano portarla via… in ospedale… aveva detto no… per ripiombare subito nell’incoscineza… come se la sua anima stessa avesse risvegliato il suo corpo, perché potesse pronunciare quel no…

Perché potesse stare ancora insieme a lui…

E Angel l’aveva cercata… mentre lo mettevano a letto… risvegliato da un dolore così atroce da farlo gridare… quando gli avevano tolto i vestiti da dosso… in fretta… prima che la pelle, rigenerandosi… lo legasse ad essi…

Ed era stato Spike a volerlo fare… insieme a Wesley e Faith, mentre Giles pronunciava un incantesimo per calmare il dolore, e affrettare la guarigione… anche se lui non se n’era forse accorto…

Gli aveva afferrato la mano, stringendola forte… e gli aveva chiesto come stava Kate… per poi svenire di nuovo, continuando a stringerlo.

E Spike non si era liberato da quella stretta… mentre continuava a tagliare la sua camicia… e gli era sembrata così calda… anche se il calore non era quello del corpo di lui…

E Sapeva che Buffy, dietro di loro, aveva sofferto…

Perché una parte di Buffy avrebbe sempre continuato ad amare Angel. Non importava il perché e il come fosse nato quell’amore, e in quel momento, nell’unico attimo di lucidità che il dolore gli aveva concesso, mentre la sua pelle venita tirata, e strappata, Angel non aveva chiesto di lei… o di Cordelia, o di Wesley, o del mondo intero… Angel aveva chiesto di Kate…

Di una donna che fino a pochi giorni prima aveva pensato fosse uscita dalla sua vita…

E adesso… era insieme a lei… su quel letto , come Spike aveva voluto…

Così vicino a lei che i loro volti si sfioravano quasi… e se Kate non lo aveva stretto a se, durante uno dei suoi risvegli… era stato solo perché aveva saputo… che gli avrebbe fatto male…

Lo aveva guardato…

Aveva visto da così vicino il suo volto ustionato e annerito… e a Spike era sembrato che guardasse la cosa più bella sulla faccia della terra…

Aveva osservato i suoi occhi brillare come acqua pulita, e le sue labbra sorridere, mentre gli sussurrava “ ti amo…” .

E aveva visto lui muovere piano le palpebre… solo per guardarla un istante… e per sorriderle a sua volta… quando anche quel gesto d’amore doveva provocargli una sofferenza atroce.

Aveva visto tutto, Spike… assistito a ogni momento di quelle ultime sei ore…

Semi sdraiato su quella stessa potrona su cui sedeva suo padre, quando lui non voleva addormentarsi… e gli piangeva fra le mani, aspettando che lui mutasse volto per divertire il suo bambino…

Lo ricordava ora… ricordava tutto… e non gli importava che sembrasse assurdo…

Tutto era assurdo al mondo… ogni soffio di vento fra gli alberi… ogni battito di cuore umano…

E dopo tutto ciò che era accaduto… dopo tutto ciò che aveva provato… che Angel fosse suo padre non gli sembrava più la cosa più assurda di tutte…

Forse… passato quel momento… non lo avrebbe più ammesso…

Forse… quando i notiziari avessero smesso di parlare dello straordinario terremoto di poche ore prima, e tutti avessero dimenticato… forse… quando le ferite dei combattenti fossero guarite e il pallore fosse scomparsi dal volto grave con cui Buffy si affacciava, di tanto in tanto, alla porta… forse allora sarebbe tornato lo Spike di sempre… lo Spike che non avrebbe mai permesso a nessuno di ricordare come aveva pianto… sulla riva di una laguna sotterranea, con il corpo di Angel abbandonato fra le braccia…

Forse… ognuno di quegli assurdi giorni se ne sarebbe andato per sempre… perso nella memoria e nel tempo…

ma per ora… lui era lì… a vegliare il sonno di suo padre… come lui aveva fatto innumerevoli volte, col bambino che non avrebbe mai più dormito nella sua culla, e non avrebbe mai più stretto fra le dita il piccolo timone d’oro, legato a un nastro di raso blu, che Spike aveva ritrovato in terra, fra le macerie di una vecchia vita…

Un simbolo di mare… per un uomo nato sul mare di una terra lontana… l’augurio per un bambino in fasce, di tenere salda la rotta della vita…

Anche questo ricordava… ed il ricordo era velato di malinconia, mentre rigirava fra le dita il ciondolo.

Mai… in tutta la sua esistenza… Spike aveva scelto da solo la rotta da seguire…

Era sempre stato quello un altro a influenzare il suo cammino… e che quest’altro avesse il voto offeso di Cecily, o quello pallido di Dru, o il broncio di Buffy Summers, dopotutto… non faceva differenza…

Aveva sempre pensato di essere lui a decidere… e non lo aveva mai fatto… e, forse, ora, era chiaro il perché…

Dopotutto… come avrebbe potuto farlo… se aveva perso il suo timone?!?!

Davanti a lui, Angel gemette quietamente, facendolo volgere versao la sua direzione e sollevare a sedere.

Ma era stato solo un momento… un sogno forse… e un attimo dopo lo vide muovere la testa, strofinando leggeemenete il naso contro quello di Kate, che rispose, con un movimento molto simile.

Sorrise.

Dopo sei ore, le ustioni sul corpo di Angel, anche grazie all’intervento di Giles, cominciavano a guarire, e i due sul letto sembravano quasi bambini… due ragazzini innamorati addormentatasi vicini durante una gita scolastica…

Abbracciati dallo stesso sonno, e dalla stessa espressione rilassata.

Se solo non ci fossero state le piaghe sul volto di lui…

E quel filo rosso… sottile, che portava a Kate il sangue che non le salvava la vita, ma le ridava la forza…

Si alzò, mentre le ultime gocce di sangue cadevao nel deflussore. E fu lieto che avessero finito con le trasfusioni.

Era certo che una volta libera, Kate avrebbe disteso il braccio, e sfiorato Angel…

Non importava che stesse dormendo…

Come era certo che qualcosa, in lei, le avrebbe detto… che non gli avrebbe più fatto male come prima…

Si chiese… se lui e Buffy avrebbero mai avuto qualcosa di simile a quello che aveva trovato Angel… e come avevano fatto quei due a essere così idioti da lasciarselo sfuggire… per così tanto tempo…

Si piegò su di lei, e con un batuffolo di cotone fra le dita le sfilò l’ago, tamponando immediatamente la ferita.

Non perse sangue, e un attimo dopo allungò il braccio davanti a se, e sospirò beatamente nel trovare la spalla di Angel…

Appunto…

Tornato a Sunnydale, doveva ricordarsi di giocare alla lotteria…

Tornò indietro, e senza un motivo si lasciò di nuovo scivolare sulla poltrona.

Dicendosi che restava solo il tempo per essere certo che Kate non avesse un rigetto… e sapendo che era un’ altra delle sue stronzate…

Cercando di dare la colpa alla sua nuova e vecchia anima… senza sapere nemmeno di cosa… dovesse darle la colpa…

Fra le sue dita, il piccolo timone d’oro era diventato caldo, a forza di sfregarlo.

E fuori, incessante, cadeva una pioggia fitta come i suoi pensieri.



Sembrava quasi che il cielo piangesse…

Che versasse lacrime su quel mondo spezzato… su quel sangue versato invano… per la follia di un demone, e quasi come riscatto a quella degli uomini.

E che volesse pulire il mondo… da tutto quel dolore… dal pianto di quei bambini usati… sporcati… le cui anime chiedevano invano una vendetta che non sarebbe venuta…

Perché non c’era vendetta per ciò che era stato fatto. Per la natura che era stata violata… e Wesley sperava solamente che, un giorno, ci sarebbe stato almeno il perdono…

Sospirò piano, lanciando un ultimo sguardo alla figura di spalle, appoggiata stancamente al divano di una delle tante, anonime stanze di quall’hotel… il volto poggiato al dorso della mano… e gli occhi lontani, persi… in uno sguardo che non avrebe mai più visto…

Cordelia non gli aveva risposto.

Benché l’avesse chimata più volte, non si era girata… non l’aveva nemmeno sentito, forse.

Si era limitata a rimanere immobile, lo sguardo perso nel vuoto, e gli occhi così lucidi che facevano male… terribilmente male…

Non riusciva a piangere… e forse non voleva farlo.

Perché piangere non sarebbe servito. Come non era servito l’altra volta.

Doyle se n’era andato…

Pochi minuti dopo la fine del terremoto… pochi minuti dopo che il mondo era stato salvato… proprio come aveva detto…

Ma il fatto di saperlo in anticipo non lo aveva reso meno terribile per lei… ne doveva averlo fatto per lui…

Se n’era andato… senza poter salutare nessuno… senza poter parlare con Angel… ne dire addio al suo amico…

Proprio come l’altra volta…

E quanto a Cordelia… probabilmente nessuno di loro avrebbe mai saputo… che cosa si erano detti…

In quegli ultimi secondi rubati…

Cordelia… lei… avrebbe reagito… sarebbe tornata a sorridere… a combattere… e di nuovo sarebbe parso che nemmeno il mondo la potesse sconfiggere…

Ma una parte di lei era già sconfitta… la parte di lei che le batteva in petto…

E Wesley sapeva come si sentiva… adesso…

Wesley sapeva cosa voleva dire… perdere la persona che amava…

Chiuse gli occhi, tirandosi davanti la porta, e le scale che percorse fino al piano di sotto scandirono uno a uno i suoi pensieri, nel silenzio di quella strana, cupa alba…

Raccontandogli la storia di un altro addio, che lui non voleva pronunciare…

Un addio così ingiusto…

Perché Cordelia e Doyle non avevano avuto alternative… mentre lui, Wesley, una scelta ce l’aveva…

La trovò con gli occhi, anche se non sapeva dove fosse…

Un’altra figura di spalle… contro la porta finestra che dava sul guardino… così vicina… così diritta davanti a lui, che se avesse allungato le braccia avrebbe potuto toccarla…

Come era accaduto poche ore prima… quando l’aveva stretta a se… e lui… l’Osservatore fallito, il figlio fallito, l’amico imperfetto… aveva difeso la donna più forte del mondo… e la più sola…

Con la pelle pallida come una statua, su cui il riflesso della pioggia disegnava strani giochi di luce, come lacrime infinite dai suoi occhi scuri…

Ma Faith non stava piangendo… Faith non sembrava nemmeno triste…

Solo… malinconica…

“Vorrei salutare Angel…”Mormorò.” Prima di andare…” E le sue parole gli penetrarono diritte nel cuore. “ spero che non mi trovino… prima di allora…”

Wesley non rispose, limitandosi a camminare ancora… fino a che non fu al fianco di lei, e il suo silenzio la portò a voltarsi, e a cercare i suoi occhi.

Bella… e fragile… come una bambina… tanto da fargli chiedere che cosa avessero fatto a quella bambina… per trasformarla nella donna violenta e disperata di due anni prima…

E cosa sarebbe stato di quella bambina… dove sarebbe andata…

“Che cosa c’è?!” Mormorò piano Faith, scrutando sul suo volto… cercando una risposta… “E’ successo qualcosa?! Wes…”

“Io non voglio… che tu torni in prigione…”

Per un attimo, Faith continuò a guardarlo, il seno che improvvisamente le sia alzava ed abbassava, scosso dal suo respiro in corsa. Quindi si volse, e sollevò il capo,e la sua voce fu dura, e decisa, quando gli rispose: “ Sai che non è possibile…”

“L’incantesimo è fallito…”Spiegò Wesley.” Tu sei un ‘evasa per loro…”

“Io sono un ‘evasa… e basta…”

“Omicidio… ed ora evasione… non ci sarà pietà… non ci saranno attenuanti… non ci sarà… niente, per te…

Faith… essere scappata sarà vista ceme un ‘ulteriore prova della tua irrecuperabilità… anche se confesserai ancora…

Probabilmente sarai trasferita e … messa in isolamento e…”

“Non è la prima volta…”

“Condannata… e sarebbe una fortuna… se ti dessero l’ergastolo…”

Davanti a lui, Faith scosse la testa, e Wesley sapeva che cercava la forza…

“Ho ucciso, Wes… “Sussurrò.” Ho torturato… ho rubato, ho preso la vita della gente e ho pensato che fosse legittimo… perché io ero la Cacciatrice… perchè salvavo delle vite, senza che nessuno lo sapesse… senza che nessuno si sentisse in dovere di venirmi a dire grazie…

Ho messo in pericolo la tua vita… e quella di Angel… e quella di B… e ora è giusto… che io paghi…”

“NO! Tu hai già pagato… tu hai pagato ogni giorno, per due lunghi anni… tu hai pagato oggi, con il tuo sangue, tu hai pagato con il dolore, quando avresti potuto fuggire…”

“Ma non capisci!” Esclamò lei, voltandosi di scatto.” Io devo tornare in prigione! Che cosa potrei fare altrimenti?!?! Restare qui, e mettere in pericolo tutti voi?!?!

Farli venire a perquisire e perquisire… fino a che non troveranno qualcosa… e sarete tutti spacciati come me…

O scappare e riprendre a nascondermi… fino a che non ricomincerò a rubare e a uccidere… perché non c’è nessuno per cui fare la brava… nessuno a cui importi… nessuno che aprirà la porta dello stanzino delle visite, il giovedì pomeriggio?!

Io… non voglio ricominciare quella vita, Wes… non ce la faccio… non voglio più sentirmi così… sporca e… cattiva…

Non voglio più desiderare di morire… e non avere il coraggio di farla finita con le mie stesse mani…”

“Ma non sarai sola!”

Wesley allungò le braccia, afferrandola per le spalle. Tenendola, come per paura che fuggisse via. Come per paura che si trasformasse in luce e corresse lontano da lui.

“Vieni via con me…” Deglutì, cercando la forza di continuare, mentre gli occhi di lei si sgranavano per la sorpresa. “ Andiamo via insieme…

Io … l’ho già fatto… andremo in giro a… cacciare demoni, o … cercheremo un posto tranquillo… dove stare per un po’… magari… lontano da qui… dove la polizia non ti possa cercare…

In Europa o… in Asia… o…”

“No…” Faith gemette, allungando una mano. E le sue dita erano calde sulle labbra di lui, e gentili.

“No…”Ripetè.” Per favore… non chiedermelo mai più… per favore…”

“Ma perché?!”

“Perché…” Faith deglutì, e Wesley si chiese se avesse sentito la disperazione nella sua voce… e se mai qualcuno avrebbe potuto non sentirla. “ perché io sono merda, Wesley, te l’ho già detto… e non ho intenzione di farti affondare con me… “

“Oh, Dio, Faith…”

“No...” Scosse il capo, sfiorandogli la guancia con la mano.” Sai che non lo farò…”

Wesley le afferrò la mano, coprendola con la propria, stringendola forte. Cercando disperatamente dentro di se le parole che avrebbero potuto convincerla… che avrebbero potuto impedirle di lasciarlo…

E intanto… lei era così vicina… e sul suo volto la pioggia somigliava sempre di più a una danza di lacrime… e le sue labbra erano così piene che avrebbe potuto morire, per sfiorarle solo una volta…

Sentì la mano di lei accarezzarlo ancora, e si ritrovò a chinarsi… e a chidersi che cosa avrebbe fatto, Faith… se l’avesse baciata…

“Mmm… mmm…. Perdonatemi… ma ho idea che se non intervengo ora poi mi sarà molto più difficile!”

In verità, Wesley non era mai stato un bambino colto a rubare la marmellata, e dubitava che se mai suo padre lo avesse trovato a fare una cosa simile si sarebbe limitato a parlare, ma la sensazione che provò in quel momento dovette essere esattamente quella che avrebbe provato in quel caso.

Abbassò il volto, deglutendo, un attimo prima che le sue labbra sfiorassero quelle di Faith, ritrovandosi a desiderare disperatamente… di scaraventare Ruper Giles fuori dalla porta- finestra!

Desiderio amplificato mille volte dal sorrisetto soddisfatto che gli vide sulle labbra.

“No!” Esclamò Faith, scostandosi da lui e scendendo in fretta le scale.” Figurati… non … non hai interrotto niente!” Ecco. Ora avrebbe voluto buttarcisi lui fuori dalla porta-finestra! “Solo delle… piccole … follie…”

“Bè…”Mormorò Giles, passando gli occhi dall’una all’altro, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. “ se è così vi lascio… se invece uno dei due è disposto a parlare seriamente… del futuro di Faith…”

Si voltarono entrambi, fissandolo, ma fu Faith a scotere per prima il capo, sconsolatamente.

“Il mio futuro è in galera, Giles.

Non ci sono altre possibilità…”

“A meno…”L’interruppe l’altro.” Di non considerare il Concilio…”

“Sei pazzo?!” esclamò Wes, scendendo a precipizio i pochi gradini che lo separavano dalla Hall.” Il Concilio vuole uccidere Faith, e lo sai benissimo!”

“Il Concilio vuole solo ciò che è più conveniente per lui… e una Cacciatrice forte e motivata è molto, molto conveniente. Molto più di una Cacciatrice morta!”

“E’ assurdo… il Concilio reputa Faith una traditrice, non appena le metterà le mani addosso…”

“Non farà nulla. Non dopo che avrò raccontato loro due cosette…”

“Oh…”Faith rise.” Di come ho aiutato a salvare il mondo? Credi che gliene importerebbe?”

“No… diciamo piuttosto di come esiste una profezia che impedisce loro di torcere un capello a Angel, se non vogliono giocarsi il mondo, e che quello stesso Angel arriverebbe a passo di marcia e molto, molto arrabbiato se loro facessero del male a Faith?!

Messo in chiaro questo… e vi assicuro che la prospettiva di un vampiro fuori di testa e intoccabile farà ballare Quentin Travers come un tarantolato… la cosa più conveniente diventerà appurare se Faith è davvero recuperabile… e in caso positivo… sfruttabile…”

Wesley deglutì, guardando la ragazza.

Incontrando i suoi occhi sgranati e pieni di speranza.

Eppure, ancora una volta, lei di trasse indietro, come… se avesse una gran paura di sparare…

“Tu… lo fai sembrare così facile…”Mormorò.” E invece non c’è una ragione al mondo pèerchè debba andare bene… non c’è una ragione al mondo perché tu debba aiutarmi…”

“Mm…magari… perché se fossimo stati tutti meno… ingiusti… con Wesley… se lo avessimo trattato come una persona anziché come un terzo incomodo… ora non ci sarebbe bisogno di irretire il Concilio…

Vi dirò cosa farò…” Continuò, deciso.” Ora chiamerò in Inghilterra, gli parlerò… e quando tutto sarà apposto, tu tornerai assieme a me…”

“In … Inghilterra?!” Ripetè Wes. Dio… l’Inghilterra era così terribilmente lontana…

“Il tempo necessario a convincerli che Faith è cambiata… e dopo, se tutto va come spero, avrà una nuova identità, un nuovo nome… persino nuove impronte digitali… e il suo nome sparirà come per magia da tutti gli archivi di tutte le polizie degli Stati Uniti…”

“Libera…”Ansò Faith.” Tornare… libera… no, non… non può essere! Ci deve essere la fregatura, sotto!”

“Oh, si…”Giles si voltò verso di lei, serissimo in viso. “ si che c’è…

C’è che dovrai stare calma e buona, e obbedire ai miei ordini senza fiatare, e c’è che al primo sgarro ti ritrovi nelle prigioni del Concilio, che , ti assiuro, ti farebbero rimpiangere mille volte quelle di Los Angeles.

Ma credo…”Sorrise, e la sue espressione si addolcì percettibilmente.” Che tu abbia molto per cui vale la pena di filare diritto… e poi… siamo stati noi a metterti in questo casino…”

Si voltò, diretto allo studio di Wes, le mani sempre affondate nelle tesche, quando l’uomo lo richiamò indietro.

“Aspetta…”Mormorò.” Se chiami Travers a quest’ora… lo sveglierai…”

“Non mi dire! “Sogghignò Giles.” Non mi dire…

Ah, Wesley… non andare via. Chiarita questa storia dovremo capire come ha fatto Spike ad uccidere un demone senza corpo!”

Scomparve oltre la porta del suo studio, lasciandolo solo con Faith, a fissarsi come due bambini idioti… di fronte a un prodigio…

“Tu credi… che sia possibile?” Chiese lei.

Piano, quasi con timore.

“Si…”Annuì.” Si… è possibile… ma qualunque cosa dovesse accadere…”

“Shh…”Faith allungò una mano, bloccando ancora una volta le parole che voleva dirle. E senza emettere un suono scivolò in terra, le gambe allungate di fronte a de, e la testa appoggiata al divano.

“Libera…”Ripetè con un filo di voce.” Libera…”

“Libera…” Le fece eco Wes, sedendole accanto, sul pavimento.

Senza osare sfiorarla.

Leggendo negli occhi di Faith parole che non gli avrebbe detto, e che lui non si azzardava a interpretare.

Libera… si… e così lontana da far male al cuore…



Forse era mezzogiorno… forse l’una del pomeriggio… e a Spike non importava un fico secco…

Al momento c’erano pochissime cose… di cui gli importava un fico secco…

Sospirò, quando il cotone delle lenzuola gli carezzo la pelle, e trattenne il fiato fra le labbra, per non disturbare la ragazza stesa di fianco a lui.

Intravedeva la curva morbida della sua spalla, e la schiena bianca… e la sola cosa che avrebbe voluto fare era allungare la mano, e carezzarla…

L’unica cosa che avrebbe desiderato fare era stringerla a se… dolcemente… e potersi addormentare… col profumo della sua pelle dentro…

Ed era l’unica cosa… che non osava…

Domani.

Chiuse gli occhi, posando la testa sul cuscino.

Domani

Domani si sarebbe chiesto quel che era successo. Domani si sarebbe domandato perché… domani avrebbe analizzato ciò che sentiva per Angel.

E domani, ancora, sarebbe tornato a vedere come stava.

Domani…

Domani forse si sarebbe dato dell’idiota, e se ne sarebbe andato, desiderando di non vederlo mai più…

E avrebbe scacciato quello strano senso di pace che i suoi nuovi ricordi gli avevano messo dentro. E gettato via il piccolo timone di oro che stringeva ancora fra le dita.

Forse… si, ma solo… domani…

Sobbalzò, quando avvertì sul petto la carezza gentile della mano di Buffy.

Dolce… dolce come non era mai stata.

E quando sgranò gli occhi la trovò china su di lui, nuda e bellissima.

Che lo fissava con uno sguardo indecifrabile negli occhi.

Deglutì, mentre la guardava abbassarsi, e sfiorargli le labbra con le sue , lentissime, mentre il suo corpo già rispondeva alle carezze di quello di lei.

Bruciando.

Le braccia che correvano ad avvolgerle la schiena, spingendola contro di se,

Quasi con paura.

Perché quel miele era troppo dolce perché fosse per lui.

Ricambiò i suoi baci, e le carezze. E quando si girò, attirandola sotto di se, lei glielo lasciò fare, gemendo leggermente.

Mentre il cuore le batteva forte in petto.

Ed era così facile amarla. Perdersi dentro di lei.

In quella dolcezza infinita e nuova. In quel calore che, per la prima volta, pareva ardere piano… così piano…

Era facile farsi guidare dal ritmo del suo respiro, lottando, perché quel qualcosa di così nuovo e bellissimo, quel qualcosa di così intimo, durasse il più possibile.

Senza osare illudersi che fosse per sempre.

Che ci sarebbe stata un ‘altra notte al mondo, in cui lei sarebbe stata così sua…

Affondò in quell’amore, e per la prima volta le sentì dire il suo nome.

Ed ebbe voglia di piangere.

E quasi con rabbia cacciò via le domande.

Perché ora… perché li?

Perché adesso, che sapeva che lui aveva un ‘anima?

Perché, anche se era lo stesso, identico del giorno prima?

La sentì accarezzargli il collo, senza graffiarlo.

E le gridò che la amava. Sulle labbra e nelle viscere.

Mentre le domande, soffocate, scomparivano.

Domani…

Domani…