Tutto l'amore del mondo

Capitolo II- La compagnia


Non stava ancora dormendo quando squillò il telefono.

Non era più abituato a dormire a quell’ora di notte.

E del resto, anche se lo avesse fatto, sarebbe bastato il primo trillo a destarlo.

Rupert Giles aprò gli occhi nel buio, e automaticamente si alzò a sedere sul bordo del letto.

Anche di questo, tuttavia, non ci sarebbe stato bisogno.

Dopotutto… quante possibilità c’erano che quella chiamata volesse dire alzarsi e correre fuori, in quell’inizio di notte… come sarebbe stato normale, pochi mesi prima?

Quante… se non perché quella chiamata proveniva dagli States?

Deglutì, mentre fuori, da qualche parte, una campana suonava.

E senza esitazone prese in mano la cornetta.

E aggrottò la fronte quando udì una voce che non si era aspettato.

E rabbrividì di paura.

“Wesley!” Esclamò, stupito.

Non aveva più rivisto l’ex Osservatore ed ex rivale da quando quest’ultimo aveva lasciato Sunnydale, ma lo aveva sentito per telefono, in occasioni non sempre piacevoli.

Udendolo cambiare attraverso quel filo, e trasformarsi dal ragazzo impacciato che aveva suscitato l’ilarità di tutti a Sunnydale in un uomo consapevole e sicuro di se.

Impressionandolo positivamente l’ultima volta che lo aveva chiamato. Per la sua compostezza nell’affrontare qualcosa di molto, molto importante.

Ma, a giudicare dal tono della sua voce adesso, ciò che aveva da dirgli ora non era meno grave.

Ma assai più penoso.

“E’ successo qualcosa?!”

Dall’altra parte, ci fu solo un ‘impercettibile esitazione. Il tempo di un sospiro.

“Si, Giles. “Rispose, senza preamboli.” Hanno preso Connor.”

Per un attimo, le dita di Rupert si strinsero attorno alla cornetta, mentre nella mente gli tornavano le parole con cui quello stesso uomo, attraverso quello stesso apparecchio, gli raccontava della nascita straordinaria del figlio di Angel, e delle conseguenze che questa avrebbe potuto avere.

“Dovevi saperlo…”Aveva detto alla fine del suo racconto. “ Era giusto … è una faccenda troppo importante.”

Detto da una delle persone che per un anno intero lui stesso aveva tenuto all’oscuro della minaccia terribile di Glory, che avrebbe potuto causare la fine del mondo…

E ricordò come fosse stato il giorno prima la voce di Angel, bassa, tesa, forte come l’acciaio…

“Di a Giles che se il Consiglio viene a sapere di mio figlio… non esisterà più un Concilio…”

E adesso… quell’uomo, quel vampiro, di cui dubitava di conoscere minimamente le possibilità… e la forza… quel vampiro che avava quasi sconfitto una Cacciatrice ed aveva resistito a secoli di torture … aveva perso suo figlio…

Un bambino da cui poteva dipendere il destino del mondo …

Fuori, la campana stava battendo il dodicesimo rintocco.

E Giles sapeva che non l’avrebbe udita battere l’una.

“Dimmi di più…” Mormorò cupamente.



Angel non sapeva cosa fare.

Fissava il telefono, mentre poco distante da lui, dall’altra parte della sua scrivania, Wesley parlava concitatamente con Malcolm, il nuovo capo della gang di Gunn.

Tutti.

Stavano avvertendo tutti.

Stavano chiedendo l’aiuto di chiunque potesse fornirglielo.

Anche se ciò significava scendere a compromessi con specie di cui non avrebbe più voluto sentire parlare, o reclamare vecchi favori, o subire nuove umiliazioni, come un attimo prima, quando il suo amico aveva composto il numero di Virginia .

Tutti.

Pur di ritrovare Connor.

E lui non sapeva che cosa fare.

Dopo aver chiesto chiesto a chiunque ricordasse… con una pazienza che non sapeva più di possedere.

Dopo che innumerevoli volte aveva desiderato mandare tutto all’aria e tornare nelle gallerie.

E cercare ancora.

Con i suoi mezzi.

E infinite volte il suo cuore si era torto, strappandogli silenziosi gemiti di dolore.

Tutti. Eppure una parte di lui mormorava infidamente che era inutile.

Che nessuno avrebbe più ritrovato il suo bambino.

Che era perso.

Per sempre.

Chiuse gli occhi.

Mentre un nuovo dolore e una nuova rabbia l’invadevano.

Diversi da qualsiasi cosa avesse mai provato.

Più forti di qualsiasi cosa avesse mai provato.

Sapeva che Wes aveva ragione.

Che doveva aspettare, che dove dividere il lavoro con gli altri, per avere più possibilità…

Che doveva pensare…

Ma il suo bambino piangeva, da qualche parte… e lui non lo poteva stringere.

E lui doveva aspettare, quando le sole cose che avrebbe voluto fare erano combattere contro chiunque glielo avesse preso, e urlare impotente la sua rabbia.

Provava disgusto per se stesso.

E disperazione… come non aveva creduto che esistesse.

Lui… che aveva pensato di avere toccato il fondo della disperazione.

Mosse le dita.

E senza pensare compose un altro numero.

“Pronto” Fece una voce dall’altra parte. “ qui Kate Lockley.”



“ Casa Summers... „

“ Dawn, sono Giles, passami Buffy per cortesia…”

“Giles!” Gli sembrò quasi di vederla, mentre tamburellava impazientemente sulla superficie liscia della consolle.” Io sto bene, grazie, è bello sapere che ti preoccupi per me!”

“Mm… “Mormorò lui, passandosi una mano sulla fronte, mentre con l’altra tirava fuori il suo biglietto aereo, cominciando a controllare i dati. “Dawn… hai perfettamente ragione e …non devi credere…Buffy mi tiene costantemente informato sulla tua salute…”

“Ma al momento non sono certo la tua prima priorità!”

Sospirò.

Il dramma era che Dawn aveva anche ragione!

Erano più di dieci giorni che non parlava con lei, e adesso non aveva il tempo per farlo… anche se sapeva benissimo che quella bambina era ben lungi dallo stare bene…

“Down, abbi pazienza… passami Buffy per favore…”

La sentì sbuffare, e un attimo dopo chiamare la sorella.

“Mi sembra di essere io quella invisibile…” Mormorò la ragazza. Ma non era con lui che parlava.

Per un attimo, solo per un attimo, Rupert pensò che forse poteva spendere pochi minuti con lei, cercando di capire se la sua inquietudine era profonda come appariva, ma non aveva ancora finito di formulare il pensiero che sentì arrivare Buffy.

“Grazie… “Disse alla sorella. “va… va a fare i compiti… vai…!”

“Ho capito!” Esclamò l’altra. “ Non volevo origliare!”

Buffy sospirò, e, per l’ennesima volta, Giles si chiese se avesse fatto davvero la scelta giusta lasciando Sunnydale…

E per l’ennesima volta considerò che cosa avrebbe potuto fare altrimenti…

“Chi non muore si risente!” Cominciò la Cacciatrice. “ Quand’è stata l’ultima volta che hai chiamato, Giles? Dici giorni fa? Quindici?

Nel frattempo potevo anche essere ri-morta dieci volte!”

Di nuovo, Rupert sospirò, e tenendo la cornetta fra il mento e la spalla chiuse il coperchio della sua valigia, facendolo scattare.

“Ho sentito Anya, ieri…” Cominciò.

“Ma che bello! Il che mi fa molto piacere e mi fa sentire molto meno… abbandonata!”

Strinse le labbra.

Mentre quella parola gli risuonava nelle orecchia.

Abbandonata…

E desiderò poterle dire quanto avesse desiderato chiamarla... ogni singola ora di ogni singolo giorno … e quanto avesse desiderato rivederla… e riabbracciarla…

L’aveva lasciata perché lei, finalmente, potesse crescere… ma niente lo aiutava a capire quale fosse il comportamento più giusto da tenere…

Niente gli spiegava se fosse meglio centellinare le telefonate, o mandarle un regalo per il suo compleanno…

Come non c’era nulla di razionale a dirgli che quella particolare telefonata era sbagliata…

Eppure… sapeva che era così.

Proprio come sapeva quant’ era inevitabile.

“Buffy, parleremo di questo un ‘altra volta…

Adesso devo chiederti una cosa… “

“ Lasciami indovinare… il mondo è per caso in pericolo?!”

C’era scherno nella sua voce… ed era dura… più dura di quanto ricordasse.

Chiuse gli occhi per un attimo, cercando le parole, ma di nuovo, lei lo prevenne.

“Cos’ è successo questa volta?” Domandò.

Ecco. Ora veniva il difficile.

“Devi prendere Spike, “ Rispose, scandendo le parole. “ e Tara, e andare a Los Angeles.”

Per un attimo, dall’altra parte non avvertì alcun suono, se non un piccolo, minuscolo respiro strozzato.

E poi la furia.

Come spesso. Come sempre.

“Dimmi che questa cosa non ha a che fare con Angel!”

“…

Buffy… non posso… perché è esattamente così… “

“Bè” La sua voce vibrava di collera, adesso.” Sai che ti dico? In qualunque guaio sia, qualunque cosa stia succedendo, vienici tu a cavarlo dai casini!

Io non ci vado a Los Angeles! E non con Spike, poi!”

“Buffy, ascoltami…”

“No!

Sai cos’è successo l’ultima volta!

Io non ho la benché minima intenzione di farmi ancora umiliare, e poi… con Spike… ma da dove ti salta in mente…”

“Buffy, vuoi stare a sentire…”

“Tu non lo sai che cosa è successo qui! Tu te ne sei andato, te ne sei lavato le mani!

Io… sono stata male… io sto ancora male, e … l’ultima cosa che voglio, in questo momento, è rivedere Angel… e …”

“Buffy!” Gridò, lasciando cadere in terra la valigia.” Sta zitta e ascoltami! “Sapeva che le avrebbe fatto male. E sapeva di non avere scelta. “ Al momento non ha importanza come ti senti o cosa vuoi…”

“Non avrà importanza per te!”

“Tu prenderai quel vampiro e sarai a Los Angeles fra due ore, senza discussioni!

Riparleremo di tutto al mio arrivo!”

Potè quasi vederla, con gli occhi sgranati per la sorpresa e le labbra leggermente dischiuse, come sempre, quando era stupita, o sconvolta.

E lasciò che smaltisse quell’istante, senza parlare, fino a che non fu lei a farlo.

“Tu… “ Mormorò. “ torni?



Giles… ma che è successo?”

La sentì deglutire.

“Angel… è… “

“Sta bene, Buffy… almeno fisicamente… “Guardò l’orologio, calcolando mentalmente quanto ci avrebbe messo il Taxy per portarlo all’aereoporto.

E in quello stesso momento, dall’altra parte, gli giunse all’orecchio un’inconfondibile voce maschile.

“Spike è lì?” Domandò.

“Già,” Scattò lei. “ come sempre, quando non dovrebbe…”

Giles sospirò. E decese che quel taxy avrebbe corso molto, molto velocemente.

“Okay. Fallo avvicinare al telefono…” Ordinò. E compatì terribilmente il vampiro, che si sarebbe trovato a portata di Buffy, quando lei avrebbe saputo del bambino di Angel.



Lasciò che il battito del suo cuore si calmasse, Kate, prima di vacare la soglia dell’albergo.

Di quel mondo che apparve ai suoi occhi frenetico e confusionario.

Una cacofonia di voci e colori che stridevano le une con gli altri, la maggior parte dei quali avrebbe dovuto spaventarla.

E per un attimo tornò indietro con la mente.

A un altro tempo… a un altro ufficio, immerso nel silenzio, se non per il quieto battere sui tasti di un computer… di un irlandese dai capelli neri.

Sembrava trascorsa una vita. E probabilmente lo era.

La sua.

Quella di Angel.

E quella di qualcuno che non aveva mai visto. Di cui non aveva mai saputo niente.

Che senza colpa l’aveva ferita. E l’aveva risvegliata.

E le aveva dato la forza di tornare in quell’albergo.

Dopo tanto tempo.

Sollevò il mento, e indossando la corazza di ghiaccio che a volte era quasi una seconda pelle, scese le scale dell’atrio, facendosi strada nella confusione di demoni ed esseri umani, la maggior parte dei quali diretti all’uscita.

E qualcosa, dentro di lei, si mise in moto senza nemmeno che lo volesse.

Come pretendevano di combinare qualcosa in tutta quella confusione…

“Come pretendete di combinare qualcosa in tutta questa confusione?!” Esclamò, incrociando, sulla porta dell’ufficio di Wesley, una giovane donna con i capelli rossi, che le lanciò uno sguardo fra il disgustato e il sorpreso.

Wesley se ne stava lì, in piedi sull’uscio, ed evidentemente seguiva la donna con gli occhi, mentre Angel era seduto alla scrivanie, la testa fra le mani, e sebbene non ci fosse un solo centimetro della sua pelle che si muovesse… Kate lo vide ugualmente tremare.

Tuttavia, entrambi la fissarono al suo ingresso, e Angel si alzò in piedi, lentamente, come fosse stupito di vederla, mentre lei chiudeva la porta alle sue spalle, letteralmente in faccia a … qualcosa di giallo!

“Kate…” Mormorò piano lui.

Lo guardò, spedendo le sue emozioni in fondo al cuore.

Non era certo il momento.

“Credevi che non venissi?” Chiese, avanzando.

Angel non rispose, ma fu Wesley, invece, a farlo.

“Non così… presto… “

Perfetto.

Angel non gli aveva nemmeno detto di averla chiamata.

E del resto… non la stupiva…

Nemmeno nei momenti più terribili dell’anno precedente aveva mai letto una tale angoscia negli occhi del vampiro. Un ‘angoscia che la feriva come fosse sua. E da cui non doveva lasciarsi contagiare.

“Non tanto presto.” Ribattè. “ Ma ho pensato che fosse meglio iniziare a muovere qualche pedina in ambienti non ufficiali, immediatamente.”

“Cosa vuoi dire?” Mormorò Angel, la mano serrata sul bordo della scrivania.

Kate strinse le labbra.

“ Che qualunque sia il motivo per cui tuo… figlio… è stato preso, qualcuno, nei bassifondi o negli ambienti della malavita, potrebbe esserne a conoscenza.

Riti magici, propiziatori, semplici alleanze con vampiri e demoni… mi sono fatta una cultura sui collegamenti fra l’occulto e la criminalità a tutti i livelli…

Il bambino potrebbe essere in un tunnell, ma anche nella villa di qualche boss… e se io non so niente di cosa ci sia nei primi, posso però infilarmi nei secondi. E a questo proposito… qualcuno ha già fatto la denuncia di scomparsa?”

Angel abbassò gli occhi, e Wesley fece appena in tempo a dischiudere le labbra.

“Perfetto! Lo immaginavo! “

“La polizia non…” Cominciò il vampiro.

“ La polizia non può far nulla per ritrovare tuo figlio… perdonami, ma non sono d’accordo!

La polizia può cominciare col diramare un identikit del bambino, la polizia può far innervosire la gente giusta, e la gente nervosa sbaglia.

Che poi questa … gente… abbia due o sei occhi… non c’è molta differenza.

La polizia potrebbe talmente far sudare chi ha il piccolo da costringerlo a chiudersi in un posto che reputa sicuro, dove tu e i tuoi potrete scovarlo, anziché spostarsi, col timore di venire scoperto.

O persino ritrovare il bambino, se per un caso qualunque è affidato ad un essere umano.

E infine… una denuncia depositata autorizza le indagini di coloro a cui voglio chiedere aiuto, e le mie stesse… “

“Se non ti si ritorce contro come intralcio alle indagini…”

Era stato Wesley a parlare, ma Kate guardò ancora Angel, scotendo le spalle.

“E’ un rischio che sono disposta a correre…”

“Perché…?” Sussurrò piano lui.

E la guardava…

Per la prima volta dacchè era entrata… la guardava veramente. Per la prima volta dacchè era entrata… Angel sembrava aver riacquistato una parvenza di lucidità.

“Perché è tuo figlio…” Rispose semplicemente.

Lo vide deglutire, e distogliere per un attimo gli occhi, prima di mormorare:” Kate…”

“Angel, no…” Allungò una mano, posandogliela sul torace. “ non voglio sapere nulla…

Su di te, su lui, su sua… madre… “ Scosse la testa. “ quello che provo io… ora non ha importanza…la cosa importante è solo trovarlo… “ Strinse di nuovo le labbra, prima di rivolversi a Wesley, senza nemmeno rendersi conto che teneva ancora la mano sul petto di Angel. “ Avete una foto del bambino?”

“Uh… certo!” Esclamò lui.

“E una cosa sua… per il DNA… “Aggrottò la fronte. “il DNA del bambino è normale?”

“Abbiamo fatto delle analisi del sangue…” Sussurrò Angel, e solo allora Kate ritrasse la mano, l’imbarazzo sedato solo dall’urgenza del momento.

“Perfetto. Preparate anche quelle.

Le prenderò al mio ritorno…

Intanto pensiamo alla denuncia…

Tu… oh, cavolo, tu non hai documenti!”

Si guardò intorno, e un attimo dopo afferrò dal tappo la bottiglia di minerale sulla scrivania di Wesley.

“Prendi!” Ordinò, porgendola a Angel.

Lui aggrottò la fronte, ma le obbedì, e, un attimo dopo, Kate avvolse la bottiglia nel suo fazzoletto.

“Perfetto. Tra due ore avrai i documenti. Falsi, ma li avrai… sotto che nome?”

“Oh… “ Wesley si avvicinò, porgendole una fotografia. “ il bambino lo ha dichiarato come Gerardo Angel… “

Kate prese la foto, senza guardarla, e superando Wesley agirò la scrivania. Sfiorata dagli occhi dei due uomini, che pareva quasi non riuscissero a seguire la rapidità dei suoi gesti.

Aprì uno dei cassetti, poi un altro, fino a che non trovò ciò che cercava.

“Perfetto!” Commentò, tirando fuori un foglio in bianco, e porgendolo a Wesley.

“Dal momento che tu i documenti li hai, metti una firma qua sotto e dammi la tua carta di identità… compilo io la denuncia mentre vado in centrale…

Avanti!” Lo esortò, di fronte alla sua sorpresa. “ Non ho intenzione di intestarmi i tuoi averi!”

Wesley si riscosse, e firmò il foglio in bianco, che lei riprese immediatamente, puntando subito dopo alla porta.

“Okay, ci vediamo qui fra due ore… fatemi trovare le analisi del bambino e io vi dirò che cosa sono riuscita a fare… “

“Kate…”

Strinse le labbra. Passandogli accanto.

“ Non dirmi grazie! “Esclamò, uscendo dalla stanza. “Risparmiati per quando lo troveremo!”

Sentì su di se gli occhi dell’uomo. E dovette combattere contro l’istinto che la spingeva a voltarsi, e correre da lui.

Ad abbracciarlo… a stringerlo a se… offrendogli conforto per quel dolore atroce che era nel suo sguardo.

E ora… forse… Angel pensava che ce l’avesse con lui… per quello che non le aveva detto… mentre tutto ciò che voleva era cancellare il dolore.

Mentre l’attimo di rabbia era svenito nel momento stesso in cui nella sua voce, al telefono, aveva sentito vibrare un singhiozzo.

“Oh… Wesley…” Mormorò, voltandosi. E una parte di se si stupì quando l’uomo, che si era fermato sulla porta accanto ad Angel, diede segno di averla sentita persino in quel caos, e le andò incontro. Davanti a lei, il vampiro li fissava, il volto inespressivo in contrasto col tormento dei suoi occhi, e Kate si spostò, fingendo di continuare a camminare verso la porta, fino a che un gruppo di ragazzi di colore si frappose tra lei e quegli occhi disperati.

Prese Wesley dal braccio, nella speranza che Angel non la udisse.

“Lascialo andare …” Mormorò.

L’altro ammiccò, fissandola.

“Si farebbe uccidere… “ Rispose. “ e non risolverebbe niente…”

“Scoppierà così… “Lanciò uno sguardo alle spalle dell’Inglese, solo per scoprire che Angel la fissava ancora. “ non chiedermi perché lo so… ma è così…

Fa quello che devi fare, organizzati, ma poi lascialo andare… “

“Kate, tu non sai niente di Connor… è importante che lo troviamo non solo per Angel…

Ci servono tutta la lucidità e la precisione possibile…”

“ E lui ti sembra lucido, adesso??”

Scosse il capo.

“Angel tornerà lucido solamente se si sarà talmente tanto sfinito da non avere più la forza di sentirsi in colpa, o così infuriato…

E io… ho paura che così… finirà… come l’anno scorso…”

“L’anno scorso era drogato ed era stato sottoposto a tutta una serie di…”

“E adesso ha perso il suo bambino! Temo… che possa andare molto peggio…

Angel… è troppo forte per cadere semplicemente in depressione… “

Si passò una mano sul volto.

Il cuore le batteva veloce. Troppo veloce.

E niente… niente aveva senso.

“Scusami… “ Mormorò, lasciandolo.” Io… non so niente di lui…”

Aprì la porta di scatto, e la pioggia le investì il volto, senza arrivarle all’anima.

Solo quando fu in macchina, ferma ad un semaforo dopo dieci minuti buoni di guida forsennata, ebbe il coraggio, finalmente, di guardare la foto del bambino di Angel.



“Voglio sapere tutto! “ Esclamò Buffy, i pugni premuti contro i fianchi.” Ora!”

E il suo tono era così imperioso e pieno di rabbia che per un istante, un singolo, rapido istante, persino Spike provò pena per Angel.

E quella pena ebbe il potere di lenire in parte la rabbia che lui stesso provava.

Per essere lì.

Costretto a cercare uno degli uomini che meno avrebbe voluto vedere.

E per avergli dovuto portare Buffy.

La sua Buffy.

La sua amante. Il suo amore.

Che infuocava i suoi giorni e le sue notti, ma non gli aveva mai detto “ ti amo”.

Che non aveva mai dato segno di provare per lui più che… desiderio.

Mentre bastava ancora pronunciare il nome di Angel perché il suo cuore battesse più forte.

Anche se era la rabbia, talvolta, a farlo correre.

Già… almeno questo lo avevano in comune, lui e il bastardo.

Provocavano la rabbia di Buffy. Sabbene fosse una rabbia così diversa.

Nel suo caso, la rabbia di chi non vuole amare… in quello di Angel, di chi vorrebbe smettere di farlo.

E immaginava solo quanto Buffy si fosse sentita ferita, e tradita, quando aveva saputo che l’uomo del suo cuore aveva avuto un figlio…

E provava dolore per lei.

Eppure… era Angel ad avere perso il suo bambino… e ad affrontare adesso la rabbia di una donna dalla cui vita era uscito da tre anni.

Non si chiedeva come fosse stato possibile, Spike.

Non si interrogava come tutti gli altri sul mistero di un vampiro che metteva al mondo un figlio.

Non gli importava.

Il mondo era pieno di segreti che lui non avrebbe mai capito. E che non avrebbero mai avuto a che fare con la sua esistenza.

Per quel che importava a lui Angel poteva metterne al mondo decine di marmocchi. Purché non facesse soffrire Buffy.

E non rompesse le scatole a lui.

Cose che invece aveva fatto. Senza nemmeno saperlo.

Perché era tipico di Angel: viveva la sua esistenza, soffriva, sputava il sangue, finiva all’inferno… e pagava le conseguenze di ciò che il suo dolore aveva inflitto ad altri!

Si, gli fceva pena.

Quell’uomo enorme, dritto davanti a lui, con gli occhi bassi.

Perso. Annientato. Mentre Buffy lo investiva con la furia dietro cui nascondeva ossessività e dolore.

E gli faceva paura. Perché della gente che si trovava in quella stanza, forse solo l’Inglese che si rendeva conto della furia che poteva scatenarsi da quegli occhi perduti.

Una furia che, invece, Spike intuiva, sentendola quasi nelle ossa.

Sebbene non l’avesse mai vista.

Raccontava, l’Inglse con gli occhi azzurri, e Spike faticava a far combaciare la sua immagine con la descrizione dell’uomo impacciato, pieno di se e terribilmente antipatico che gli era stata fatta a Sunnydale.

Parlava. Cercando di spiegare ciò che non poteva essere spiegato.

Snocciolando una storia di bambini, amore… profezie…

Seduto sul bancone dell’altrio, lasciò che le parole gli scivolassero addosso, intervallate dai commenti e dalle domande di Buffy. Completamente ignorato dagli altri, e, per una volta felice, di esserlo. I sensi totalmente saturi dalle decine di odori diversi che vibravano nell’ aria attorno a lui.

Gli odori delle creature che si erano affollate in quello stesso atrio nelle ultime due ore e mezzo…

E gli occhi che non riusciva a staccare da Angel.

Dal suo volto devastato che però non gli trasmetteva il piacere e la soddisfazione che avrebbe dovuto.

E Spike si ritrovò a chiedersi se fosse effetto del suo cambiamento, dell’amore per Buffy… o se sarebbe stato così anche prima.

“Mi dispiace…”

Spike ammiccò, continuando a fissare l’altro, che per tutto il tempo era rimasto così immobile da farlo quasi stupire, ora, del fatto che riuscisse a parlare.

“Di averti coinvolta in tutto questo…

Io… non avrei mai voluto…”

Lo immaginava…

Persino in quel momento… persino in quelle condizioni… Buffy continuava a esercitare il suo potere su di lui.

“Che cosa non avresti voluto?” Scattò la ragazza.” Che sapessi che hai un figlio, quando è anche per questo che hai lasciato me? Che sapessi che mi hai mentito?”

Spike distolse gli occhi.

“Non ti ho mentito… “ Mormorò piano Angel.

“E anche se lo avesse fatto, non sarebbe questo il momento di rivangarlo!”

Oh, due punti per l’Inglese!

“Anche perché…” Aggiunse Spike, parlando per la prima volta da quando era entrato. “ se il… piccolo … è davvero così importante, potremmo ritrovarci senza più bocche per farlo! Sarà più divertente azzannarsi quando saremo relativamente certi che non ci si apra una voragine sotto il sedere!”

“Sta zitto, Spike!” Soffiò Buffy.” Nessuno vuole la tua opinione!”

Lui strinse i denti, saltando giù dal bancone.

Ecco. Quelo era uno dei rari momenti della sua esistenza in cui avrebbe potuto prendersi una soddisfazione…

Sbattendo in faccia ad Angel che andava a letto con Buffy.

Rivelandogli qualcosa che gli sarebbe bastato un respiro per capire. Se fosse stato nelle condizioni di farlo. E che era anche ciò che Buffy aveva il terrore scoprisse.

Aveva perso il conto di quante volte e in quanto modi lo avesse minacciato, a tal proposito, durante il tragitto da Sunnydale.

Sarebbero bastate solo poche parole. Un attimo.

E invece non lo fece. Come sempre.

E invece si coltò e battè i pugni contro il bancone di legno, ferendosi le mani.

“Cosa pretendete… che per Buffy Summers esista qualcosa di più importante del suo smisurato ego?”

Spike si girò di nuovo. Di scatto.

Per scoprire che lo avevano fatto tutti.

E ritrovarsi, come tutti, a guardare il fantasma di Cordelia Chase.

Il fantasma della ragazza piena di vita che ricordava, armata di balestra, accanto al piccolo irlandese di nome Doyle.

Pallida, spettinata, l’abito che indossava, probabilmente da più di un giorno, sudato e sporco di sangue.

Eppure con quella forza tutta sua che ancora le brillava dentro.

Come il giorno che l’aveva affrontato per difendere Angel.

“Cosa volete che le importi” Continuò, scendendo l’ultimo gradino.” Se il mondo vive o muore… se vive o muore un bambino di pochi mesi … o se…” Sollevò una mano, indicando Angel.” L’amore della sue viata sta soffrendo come nessuno di noi può nemmeno immaginare…

Tutto passa in second’ordine… tutto è sempre passato in second’ordine…com’è sempre stato… ”

“Cordelia!” Buffy scosse la testa, esasperata.” Sentivamo la mancanza tua e della tua lingua velenosa!”

L’altra scosse le spalle, assolutamente incurante delle sue parole.

“Lo sai, Buffy, ci sono stati demoni di tutte le sorte qui dentro, oggi…

Alcuni… credo che avrebbero spaventato persino te… e tutti ci hanno offerto il loro aiuto. Chi per riconoscenza, chi per interesse, chi… non ho idea del perché.

Spike, il “ cattivo” Spike… che l’ultima volta usava Angel come puntaspilli… ha fatto lo stesso.

L’unica … cratura… che stia polemizzando sul come e sup perché … sei tu…” Sorrise, scotendo a sua volta il capo. “ E la cosa… non mi stupisce affatto…”

Buffy abbassò gli occhi, e Spike sapeva che le parole dell’altra l’avevano colpita… come sapeva che non lo avrebbe mai ammesso.

Se non col linguaggio del suo corpo.

Per un attimo, Cordelia Chase rimase immobile, a guardare la sua ex compagna di classe. Prima di superarla e avvicinarsi al bancone. Prima di avvicinarsi a lui.

Non lo guardò, ma si piegò in avanti, e recuperò dall’altro lato un pupazzo… un orsacchiotto di pezza che aveva l’aria di essere stato parecchio bistrattato… o abbracciato.

E Spike potè vedere delle lacrime negli occhi della donna… prima che tornasse indietro e passasse nuovamente accanto a Buffy.

“Cerca di non strillare come un ‘acquila…”Scandì cupamente, mentre già saliva le scale.” Ho un amico che sta morendo di sopra. E non voglio che muoia con le tue grida nelle orecchia…”

Risalì. E ancora nessuno disse niente.

E ancora, il silenzio li assordò tutti.

Fino a che non fu infranto dalla voce pacata di una ragazza che fino ad allora era rimasta in silenzio.

“C… che cosa posso fare… io?” Mormorò Tara, e sembrò che avesse gettato un sasso in uno stagno, perché immediatamente tutti si rivolsero a lei.

“Oh… certo…”Esclamò Wesley, passandosi una mano sulla testa.” Lei è la…”

“Strega…”Finì la ragazza.” Si…”

“In realtà… Giles non mi ha spigato quello che ha in mente, però… mentre aspettiamo… può darmi una mano… come se la cava con i collettori di vista?”

Tara annuì piano.

“B… bene… credo…”

“Okay…” S’intromise nuovamente Spike.” E mentre voi sguazzate fra le erbe un ragazzo cosa può fare per divertirsi un po’?”

Fu sorpreso, al limite dello chock, quando fu Angel a rispondergli.

“Tu vieni con me…” Mormorò. “ nei tunnell… devi… “ Strinse le labbra.” Mi saresti molto utile… come infiltrato…

Io sono troppo… conosciuto…”

“Mm…”Spike sorrise, guardando negli occhi il suo sire de facto. “ mentire… ingannare… sguazzare nella melma… mi piace! Mi è mancato!”

Si voltò, recuperando dal bancone lo spolverino.

“Si va? Soffoco se resto ancora un minuto in questo posto deprimente!”

“Tu non puoi soffocare…”Borbottò Buffy, lanciandogli un ‘occhiata.

Lo considerava un tradimento.

Che seguisse Angel. Che lo aiutasse.

E lui avrebbe avuto tempo di spiegarle che se lo faceva era solo per lei e per Dawn. Che per ciò che lo riguardava il bastardo e il suo cucciolo potevano tornarsene insieme all’ inferno!

Dopo… le avrebbe spiegato tutte le ragioni. Magari quando le avesse capite anche lui.

Angel non aggiunse niente, nemmeno una parola.

Ma guardò Buffy .

A lungo. E nei suoi occhi c’erano ancora delle scuse.

E Spike sentiva la lingua prudere dal desiderio di provocarlo.

“Buffy…”Stava dicendo in quel momento l’Inglese. Ma lei lo interruppe , voltandosi di scatto.

“Non prendo ordini da te, Wesley!”. Angel si fermò, con la mano sullo stipite di una porta che conduceva in basso.

E per un secondo, il respiro di Buffy fu corto e irregolare.

Prima di stringere leggermente le labbra, in un modo che Spike conosceva così bene.

“Però… puoi dirmi… se c’è qualcosa che nessun altro può fare…”

La sua Buffy…

Vide Angel abbassare gli occhi, e fissarli dinanzi a se, e capì che, con ogni probabilità, Buffy sarebbe andata con loro…

E un ‘ondata di panico gli invase il cuore.

“Sai, Angel, “Scattò, incapace di resistere.” Mi chiedevo… esiste una ragione al mondo per cui tu dovresti fidarti di me? Per cui non dovresti temere che venda te e il tuo cucciolo al miglior offerente?”

Non sapeva che reazione volesse suscitare . Forse desiderava che Angel lo colpisse, davanti a Buffy, per sapere cosa lei avrebbe fatto.

O forse voleva solo esasperarlo.

Ma fallì. Ancora una volta.

E di nuovo non provò alcun piacere quando Angel continuò a guardare in basso, e, con voce spenta, mormorò:” Nessuna, Spike… ma sono disparato…”