Pieces of you

-4-


Los Angeles, Agosto 2001

“Angel?”
Wesley si schiarì la gola, lanciando un’occhiata a Cordelia che sedeva sulla scrivania, le braccia incrociate contro il petto, uno sguardo illeggibile negli occhi.

L’uomo spostò lo sguardo verso Angel, che sedeva, immobile, la schiena appoggiata contro la sedia, lo sguardo perso nel vuoto.

Lo aveva visto decine di volte in quella posizione negli ultimi mesi, e per decine di volte, il suo sguardo era stato altrettanto perso.

“Fammi capire…” Disse Cordelia interrompendo il silenzio.
“Faith ha fatto un sogno e noi le crediamo….perché?”

Wesley fece per parlare ma fu interrotto da Angel che parlò per la prima volta, da quando aveva cominciato a riferire del sogno di Faith.
“Perché è una cacciatrice, Cordelia…ed è l’unica rimasta…”

“E allora?”
Cordelia saltò in piedi, cominciando a girare attorno alla scrivania.
“Le crediamo solo perché è la Cacciatrice?
Beh, lasciami cogliere l’occasione per ricordare quanto il suo essere cacciatrice ci sia stato d’aiuto a Sunnydale!
O l’ultima volta che l’abbiamo vista…”

“Cordelia?”
Angel parlò a bassa voce.
“Non avrebbe ragioni per mentire…”

Cordelia sgranò gli occhi, prima di scuotere la testa.
“Ascolta: si è consegnata in galera.
Bene!
Non sta ammazzando nessuno.
Benissimo!
Ma vogliamo davvero credere a questa storia?”

“I sogni delle cacciatrici…”
Cominciò Wesley.

“Cosa?” Chiese Cordelia.
“Sono profetici?
Vengono inviati dalle Alte Sfere?
Beh, allora lasciate che vi dica una cosa: i messaggi inviati dalle alte sfere sono… ”
Cordelia si fermò.
“Oh, no” Sussurrò. La ragazza sollevò la testa di scatto, mentre Wesley si avvicinò, imitato immediatamente da Angel, che si alzò dalla sua sedia.

Il corpo di Cordelia fu scosso da una serie di rapide convulsioni, mentre si portò una mano alla testa.

Wesley lanciò un’occhiata ad Angel, che sorreggeva Cordelia, e si allontanò per prendere dalla scrivania della ragazza, dell’acqua ed il flacone di antidolorifici che la ragazza teneva a portata di mano.

Cordelia emise un gemito e Wesley si ritrovò a stringere i denti.
Le visioni della ragazza stavano peggiorando in intensità…eppure lei continuava ad accettare il suo ruolo con una forza d’animo che lo sorprendeva.

“Cordelia?”

La ragazza sollevò una mano facendogli cenno di tacere.
“Sto bene”
Sussurrò dopo qualche secondo, fece un respiro profondo prima di mormorare.
“Ora capisco perché beveva così tanto…”

“Cordy?”
Disse Angel, e Wesley notò come per qualche istante avesse stretto le mascelle.

Cordelia sembrò non ascoltarlo, prese gli antidolorifici che Wesley le porse e li mandò giù con un po’ d’acqua e prese un altro respiro profondo prima di dire guardandoli: “Ricordatemi di non criticare le Alte Sfere…mai più!”

“Che cos’hai visto?”
Domandò Wesley.

“Spike…e Willow…stavano discutendo su una torre…e Buffy…combatteva demoni…”
Cordelia li guardò per un istante prima di commentare debolmente.
“Non so dove sia finita…ma è un posto orribile…e non è il suo posto…”
Esitò per un istante, poi scosse la testa, e tornò a sedersi sulla scrivania.

“C’è altro?” Domandò Wesley.

Non che non si fidasse delle parole di Cordelia, ma aveva come l’impressione che non stesse dicendo tutto.

Cordelia guardò per un istante Angel, prima di abbassare la testa e mormorare.
“No, Faith ha ragione…non so cosa sia successo…
non so nemmeno come sia possibile…ma Buffy è ancora viva…”

Sollevò la testa e guardò prima lui, poi Angel prima di mormorare: “E non si sta divertendo…”

Wesley vide Angel abbassare la testa a quelle parole, l’uomo scosse debolmente la testa.
“Come facciamo a riportare indietro Buffy?” Domandò.

Cordelia si strinse nelle spalle, prima di premersi una mano contro la fronte e mormorare: “Non lo so…ma credo che dovremo parlare con Faith…è lei il legame con le Alte Sfere in questo caso…”

“Uh?” l’esclamazione di sorpresa venne contemporaneamente da Angel e Wesley.
L’osservatore, si sistemò gli occhiali contro il naso, senza riuscire a spiegarsi l’improvvisa quanto assolutamente inspiegabile gioia che aveva provato a quelle parole.

“Che vuoi dire?” si ritrovò a chiedere.

Cordelia si strinse debolmente nelle spalle.
“E’ lei che la sta sognando….com’è che hai detto?
Vedeva tutto attraverso i suoi occhi…”

“Ma…” obiettò Wesley, fu interrotto però dalla voce di Angel.
Era più vivace di quanto non ricordasse essere stata negli ultimi mesi.
Da quando Willow con voce rotta gli aveva detto di Buffy.


“Va bene…Wesley ho bisogno che tu parli con Gunn e Fred, rimarranno loro qui in agenzia…Cordelia…come ti senti?”

La ragazza si massaggiò le tempie con le dita mormorando: “Come se mi fosse caduto un mattone in testa dalla cima dell’Himalaya…”

“Vai a riposare…”
Disse il vampiro avviandosi alla porta.

“E tu?”
Domandò Wesley.

“Ho un paio di persone da vedere prima di andare a Sunnydale…”
Mormorò il vampiro voltandosi verso di loro, prima di lasciare la stanza.

Passò qualche secondo prima che Cordelia mormorasse: “Kate?”

Wesley, fece qualche passo e si sedette accanto a lei sulla scrivania mormorando: “E’ un’ex poliziotta…mi sembra la scelta più logica…”

Cordelia sollevò leggermente la testa.
“E il fatto che abbiano passato tantissimo tempo insieme da quando siamo tornati da Phylea non conta niente, vero?”

Wesley incrociò le braccia contro il petto.
“Sono amici…”

“Certo…ed Angel è pronto per fare duetti con Pavarotti…”
le labbra della ragazza si piegarono in un sorriso quando disse.
“Almeno questa volta non ci saremo quando canterà al Caritas…”

Wesley sorrise, ma il suo sorriso svanì quando disse: “Cordelia…tu…non hai detto tutto ad Angel, vero?”

La ragazza lo guardò, sgranando gli occhi.
“Si tratta di Spike…”
Disse.
“Non so se conti davvero per Angel…ma…”
deglutì.
“E’ pronto a morire per Buffy…
e se qualcuno non fa qualcosa…è esattamente quello che capiterà…io…
l’ho visto precipitare da quella torre…solo che…”
Cordelia aggrottò la fronte.
“Solo che era vivo…”

***

Aveva delle rughe in viso.
Buffy avvicinò lo specchietto al suo volto, spostando la testa di modo che la luce che filtrava dal corridoio le illuminasse il volto.

Rughe.
Si sfiorò i contorni delle labbra con le dita.
Non credeva avrebbe vissuto tanto da vedere rughe sul suo viso.

Non aveva vissuto tanto.
Era morta, due volte.
Evidentemente, però, quello non era stato abbastanza.

Chiuse gli occhi, appoggiando lo specchietto sotto il cuscino. Riusciva ad udire le note di una canzone provenire dalla fine della stanza.

Era una canzone che aveva ascoltato in radio spesso, prima che sua madre morisse, prima che la sua vita divenisse una fuga continua: da Spike e i sentimenti che aveva provato per lei, da Glory, dal dolore.
.

** If shame had a face, I think it would kind of look like me.
If it had a home, would it be in my eyes? Would you believe me
If I said I am tired of this now here we go now one more time,
I tried to climb your steps
I tried to chase you down
I tried to see how low I could get to down to the ground
I tried to earn my way, I tried to change this mind
You better believe I tried to beat this
When will this end.
It goes on and on over and over and over again
Keep spinning around I know it won’t stop till I step down from this for good***

Buffy si coprì il volto con le mani, mentre la sua mente, come spesso accadeva andava a Sunnydale, ai suoi amici.
Si domandò cosa stessero facendo.
Non sapeva quanto tempo fosse passato realmente da quella notte in cima alla torre, ne aveva parlato con Rocko una volta, e le aveva detto che per quanto ne sapevano potevano essere passati anni, così come pochi mesi.
Il tempo in quella dimensione scorreva veloce, eppure, Buffy, soprattutto in momenti come quelli ne sentiva tutto il peso sulle spalle.

** I never thought I’d end up here
I never thought I’d be standing
Where I am I guess
I kind of thought it would be easier then this
I guess I was wrong Now one more
Time
this is a sick cycle carousel,
this is a sick cycle, yeah**

Sospirò, di lì a poco, qualcuno sarebbe venuto a chiamarla per il suo turno.
Le ronde erano estenuanti anche se sicuramente meno rispetto ai primi tempi, i demoni stavano finalmente cominciando a diminuire di numero.

<quanti della nostra specie hai ucciso?>

Buffy aprì gli occhi di scatto, e dovette far forza su se stessa per non mettersi a sedere, mentre una consueta ondata di panico le serrava lo stomaco.
Le capitava sempre, quando pensava a Spike.
Panico, paura, rimorsi.
Quei sentimenti le si agitavano nel cuore, forti, come il primo giorno.
Forti.
Come i sentimenti che aveva negato di provare per lui.
Forti.
Come i pugni che si erano scambiati, come la sua voce, quando le aveva raccontato di se.

La ragazza prese un respiro profondo prima di rimettersi in piedi.

Aveva bisogno di vedere Rocko, e sapeva dove l’avrebbe trovato.
Sapeva che era egoistico da parte sua.
Sapeva che lo stava usando, e che la sua vita era già abbastanza complicata senza che ci si mettesse anche lei.

Ma Rocko aveva il volto di Spike.
Rocko aveva la sua voce.
I suoi occhi.

Si strinse nelle spalle, mentre percorreva il corridoio semi deserto, salutò con un cenno della testa alcune persone che intravide, non poté fare a meno di sorridere, quando vide Pierce, seduto accanto a Cathleen in laboratorio.

La donna dormiva, con la testa appoggiata sul bancone, e Pierce, lo stesso uomo che combatteva per ore, senza stancarsi, la osservava in quel momento, con la testa appoggiata su una mano, ed un sorriso intenerito sulle labbra.

Buffy sorrise tristemente a quell’immagine.
Avrebbe voluto dirgli di non perdere tempo.
Avrebbe voluto dirgli di non commettere il suo stesso errore.
Di non nascondersi dietro un atteggiamento, dietro l’orgoglio.

Scosse la testa, ripromettendosi di affrontare quel discorso con l’uomo durante la ronda.
Girò un angolo e scese alcuni gradini.

Vi era una grande stanza alla fine di essi.
Era una stanza sorprendentemente grande, illuminata da lampade ad olio, candele. L’altra fonte di illuminazione era rappresentata da un enorme caminetto, ricavato da un inceneritore.
La stanza era piena di tavoli, le ricordava vagamente un’aula studio, o una biblioteca, anche se l’atmosfera che si respirava in essa era decisamente diversa.
In quella grande stanza ci si rilassava, si leggeva, si facevano ricerche, e a porte chiuse, si decidevano strategie, attacchi contro i gruppi più nutriti di demoni.

Vi erano poche persone nella stanza in quel momento, era sempre così prima della fine di un turno.
Rocko, era seduto ad un tavolo, sorrideva, mentre era impegnato con Jeremiah in una partita di domino.

“Tu bari!” Esclamò Jeremiah, e Buffy deglutì.
Dopo tanto tempo, ancora non si era abituata alla somiglianza del ragazzo con Oz, le capitava di guardarlo, e si meravigliava nel non vedere Willow al suo fianco.

“Jeremiah…barare a domino?
Non sono ancora caduto tanto in basso!” Esclamò Rocko divertito.

Buffy si avvicinò lentamente, osservando l’uomo.
Non portava gli occhiali in quel momento, essi erano sul tavolo, accanto un bicchiere d’acqua, ed un posacenere stracolmo di…noccioline!

I capelli castani erano arruffati come al solito, e Buffy notò dei fili d’argento alle tempie.

Eppure sorrideva.
Quasi come se al di là di quelle mura, non ci fossero macerie e demoni che spadroneggiavano in quel che restava del loro mondo.

“Sì, sì…” stava continuando intanto Jeremiah.
“Intanto questa è la quarta partita che vinci di seguito…”

Rocko si strinse nelle spalle, in un gesto che lo rese incredibilmente simile a Spike e Buffy si fermò.
Improvvisamente vedere Rocko non le sembrava più una buona idea.
Improvvisamente, quel posto stava tornando ad essere quello che era: un rifugio ricavato da garage di media grandezza.
Improvvisamente, provò una fitta di nostalgia nei confronti della sua vita precedente, nei confronti di Sunnydale, tanto forte da stringerle il cuore, l’anima.

Voleva sentire la voce di Dawn, voleva tornare nella sua stanza, e guardare films indiani con Willow e Xander…
Voleva allenarsi con Giles…e prenderlo in giro per la sua passione per il tè.
Voleva entrare nella cripta di Spike e…
…e baciarlo.
Stringersi a lui…
Dirgli che lo amava.
Dirgli che aveva avuto una paura folle…
Dirgli che non era stata pronta ad aprire il suo cuore.
Non era stata pronta a …

<rischia il dolore…>

ad amarlo.

Stava per andarsene quando la voce di Rocko la fermò. Buffy deglutì e si fece avanti.
“Domino?” Domandò, riuscendo a sorridere.

Rocko si strinse leggermente nelle spalle.
“Già…beh, lo sapevi che siamo strani, no?”

Jeremiah scosse la testa alle parole di Rocko.
“Parla per te, vecchio saggio…”
il ragazzo si voltò a guardare Buffy e domandò:
“Prendi tu il mio posto? Io sono di turno a ricerca…fra…”

“Cinque minuti…ti conviene sbrigarti: Maureen starà crollando…ed è di turno fra otto ore per la ronda…” Disse Rocko, prendendo delle noccioline dal posacenere.

Jeremiah sogghignò guardando Buffy.
“Non è adorabile quando fa il fiscale?”
Si rimise in piedi, afferrando una manciata di noccioline e disse:
“Rocko, ho bisogno di parlarti più tardi…il gruppo di ronde di ieri ha trovato e soprattutto recuperato qualcosa nel covo dei Bataj…potrebbe tornarci utile…”

“Parlamene ora…” Disse Rocko, e Buffy non poté fare a meno di sorridere, quando l’uomo inforcò immediatamente gli occhiali.

In certi momenti, più che Spike, Rocko le ricordava Giles.

Jeremiah scosse la testa.
"E' la roba che Maureen sta provando a tradurre..."

Jeremiah si voltò verso Buffy dicendo: “Mica lo sapevo che c’erano tanti esperti in demonologia nel mondo…”

“Più di quanto penseresti, Jeremiah…” mormorò Buffy.

Il ragazzo scosse la testa e disse: “Ed io che pensavo di essere strano perché studiavo filosofia…mah!
Ad ogni modo, spero di poterti dire qualcosa alla fine del mio turno…”

Rocko si appoggiò contro la sedia mormorando: “Mi rifugio es tu rifugio….”

Jeremiah sorrise mentre si allontanava, e come spesso accadeva Buffy lo sorprese a guardarla.
Jeremiah aveva in comune con Oz l’intensità dello sguardo.
Uno sguardo che la metteva in difficoltà.
Sembrava le leggesse dentro…e che non gli piacesse quello che trovava.

Buffy si sedette con un sospiro, osservando Rocko mentre riponeva i pezzi del domino in una vecchia scatola.

“Jeremiah mi ricorda un amico…” disse improvvisamente

Rocko sollevò la testa, inarcando un sopracciglio.
“Lo so…” Disse solo.

“Era il ragazzo della mia migliore amica: stesso viso, stessa voce, stessi occhi…
solo che Oz era laconico, non parlava molto…mentre Jeremiah…”

Rocko sorrise.
“Ho visto demoni lanciarsi contro spade estremamente appuntite, pur di sottrarsi alla sua logorrea…”

“Rocko!” Esclamò Buffy fingendosi scandalizzata.
“Stai parlando di uno dei tuoi migliori ricercatori!”

Rocko sogghignò e Buffy si ritrovò ad imitarlo.
Buffy scosse debolmente la testa.
“E’ difficile a volte…”

Rocko annuì.
“Lo è per tutti…”
L’uomo sospirò.
“Tu vieni da..”

“Una piccola città…”
Disse Buffy.
“Sede di una delle bocche dell’inferno…per tre volte sono riuscita ad evitarne l’apertura…”
Buffy appoggiò la testa contro una parete.
“La bocca dell’inferno era sotto il mio liceo…”

“Questo tanto per sottolineare che l’adolescenza non è un incubo?”

Buffy sorrise.
“La prima volta…morii…beh, tecnicamente per lo meno e per pochi minuti, per mano di un vampiro, mentre il mio osservatore, la mia migliore amica, e l’insegnante d’informatica cercavano di tenere a bada demoni e vampiri…era la sera del ballo di fine anno…”

Rocko emise un fischio.

“Il mio migliore amico, mi riportò in vita…io uccisi il vampiro che mi aveva quasi annegato…poi…beh, andammo a festeggiare…”

Rocko appoggiò i gomiti sul tavolo, appoggiando il mento sulle dita intrecciate.

Buffy si passò una mano tra i capelli e mormorò: “la seconda volta…fu un paio d’anni dopo…c’eravamo tutti tranne Xander…ed Oz…quella sera pensai che non ce l’avremmo fatta…”

“Cosa accadde?” Domandò Rocko.

Buffy sogghignò.
“Metti insieme due cacciatrici, due maghi, un vampiro…ricacciammo quei demoni indietro…fu una notte surreale…”

Buffy si era aspettata che Rocko facesse domande, sul fatto che ci fossero due cacciatrici ed un vampiro, ma non accadde…

…d’altro canto, avevano visto tutti cose troppo strane perché potessero essere sorpresi da qualsiasi cosa.

“La terza volta…accadde meno di un anno dopo…nelle macerie della scuola…”

“Le macerie?” Domandò Rocko aggrottando la fronte.

Buffy incrociò le braccia contro il petto: “Ti stupirebbe sapere che il sindaco della mia città aveva programmato un ascensione per il giorno dei diplomi?”

Rocko scosse la testa.
“So che dovrebbe, ma la soglia della mia sospensione dell’incredulità si è notevolmente innalzata negli ultimi tempi…”

Buffy allungò una mano per prendere delle noccioline, ne prese un paio, ma non le mangiò, si limitò a tenerle tra le dita, mentre continuava a parlare:
“Beh, fu una cosa di ordinaria amministrazione…Will, Xander e Spike…”

“Ah…”
fu l’unica cosa che disse Rocko, incrociando le braccia contro il petto.

“Ah…” ripeté Buffy.
“Per la verità” continuò Buffy. “Spike inavvertitamente causò quasi l’apertura della bocca dell’inferno…e dire, che quella volta voleva davvero aiutare…”

“Quella volta?” Domandò Rocko.

“Spike era…è un vampiro, Rocko…”

L’uomo non parlò, si limitò a fissare Buffy per qualche secondo prima di abbassare la testa.
“Così io somiglio ad un vampiro….” Mormorò, la sua voce piena di amarezza.
Piena di odio.

Odio verso Spike.

Buffy aprì la bocca per parlare, per difendere Spike, per dire a quell’uomo che Spike non era come tutti gli altri vampiri.
Che aveva un cuore.
Che era capace di amare incondizionatamente.
Che era capace di atti d’eroismo.
Che una volta l’aveva aiutata a salvare il mondo.

Eppure non lo fece.
Rimase immobile, domandandosi per l’ennesima volta da quando la voce di Rocko l’aveva costretta ad aprire gli occhi, il perché si fosse sempre rifiutata di accettare quell’aspetto della personalità di Spike.

C’era stato odio dentro di lei.
Rifiuto.
Proprio come negli occhi di Rocko in quel momento.

Deglutì prima di dire: “Sì…
Hai la stessa voce…gli stessi occhi…”

“Io ho un’anima…e sono vivo…” Rispose lui.

Buffy abbassò la testa.
“Le cose non sono così semplici…”

“A me non sembrano difficili, invece.”
Mormorò lui.
“Sei venuta qui…perché ti mancavano i tuoi amici.
Perché ti mancava lui.
Volevi sentire la sua voce…”

Buffy sollevò la testa fino ad incontrare lo sguardo di Rocko.
Così simile a quello di Spike.
Così freddo.
Così pieno di dolore.

“Cosa vuoi davvero da me, Buffy?”

La voce di Rocko era stata dura, eppure non aveva alzato la voce.
Al contrario di Spike, Rocko non alzava mai la voce.
E Buffy pensò che forse dipendeva dal fatto che non ne aveva bisogno…perché tutti ascoltavano le sue parole.
Le parole di quell’uomo erano legge in quel rifugio.
Le parole di Spike…
Beh…
Non erano state ascoltate di solito.

Buffy si morse il labbro inferiore prima di mormorare: “Voglio tornare a casa, Rocko.
Voglio tornare alla mia dimensione…”

“Vuoi tornare sulla bocca dell’inferno, Buffy?”

Buffy si lasciò andare ad un sospiro.
“Voglio tornare dalla mia famiglia..
Loro credono che io sia morta…ho una sorella e degli amici!
Puoi farlo Rocko?”

“E’ impossibile…”
Rocko appoggiò le dita sulla scatola che conteneva i pezzi del domino.
Si rimise in piedi lentamente, evitando il suo sguardo e Buffy fu tentata di abbassare la testa.
Non lo fece però.
Era fuggita per troppo tempo. Per troppo tempo aveva cercato di ignorare verità scomode.

Rocko rimase in silenzio per un istante prima di mormorare: “Beh, tutti i testi dicono che è impossibile per un umano sopravvivere all’apertura di una bocca dell’inferno, eppure siamo qui…”

Buffy sorrise, ed una fitta di rimorso le colpì il cuore quando incontrò lo sguardo di Rocko: vi era risolutezza in esso, decisione…
Ma anche dolore…
Ed era lei ad infliggergliene.

“Parlerò con gli altri” Disse lui.
“Ora vai a prepararti, sei di turno fra venti minuti…”
Rocko la guardò ancora e per un istante Buffy fu sicura che le avrebbe detto qualcosa.
Che le avrebbe chiesto qualcosa.
…su Spike…
…sul suo mondo….
…sui suoi sentimenti…

Non accadde però.
La tristezza negli occhi azzurri dell’uomo sembrò divenire un po’ più profonda.
Lo vide andar via, con le mani infilate nelle tasche dei vecchi jeans sdruciti e Buffy capì che lui non aveva avuto bisogno di parole.

Ancora una volta, Rocko aveva letto dentro di lei.
Ancora una volta aveva capito.

***

Los Angeles Agosto 2001

“When I was young I never needed anyone…”

Faith sbatté gli occhi, più volte, incredula.
I polsi le dolevano per le manette che ancora portava.
Le dolevano anche le guance, sebbene per motivi completamente diversi: stava facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non cominciare a ridere.

Accanto a lei, la donna bionda, l’ex poliziotta che era riuscita in poche ore a farle ottenere un permesso, ostentava una faccia da poker invidiabile, mentre poco lontano da loro, sul palco, Angel cantava All By Myself di Eric Carmen.

Anzi…martoriava All By Myself di Eric Carmen.

“All by Myself…don’t wanna be all by myself anymore”
stava continuando intanto Angel, che sembrava sul punto di scoppiare.

“Mio Dio…” sussurrò a nessuno in particolare.
“Non scherzava…”

La donna bionda la guardò, incuriosita.
“Vuoi dire che non è la prima volta?”
domandò.

Faith scosse lentamente la testa, gettando un’occhiata al demone verde, che beveva un margarita, osservando Angel, uno sguardo indecifrabile negli occhi rossi.

“Sai perché siamo qui?” Domandò alla donna bionda.

Lei annuì.
“Angel ha le idee un po’ confuse…”

“Su B.?” domandò.

“Suppongo di sì…vuole accertarsi di fare la cosa giusta…”

“E per farlo ci fa sanguinare le orecchie….grande!” esclamò la cacciatrice.

La donna bionda sorrise, tornando a guardare il palco, sul quale, Angel, che aveva accuratamente evitato di guardarle, stava completando la sua esibizione.
Un sorriso increspò le labbra dell’ex poliziotta mentre diceva: “Non è così male…”

“Sì…ed io ero ospite all Hilton…” commentò Faith, eppure anche lei sorrideva.

Era fuori.
Fuori da quelle quattro mura, seduta in un locale, e davanti a lei l’uomo che l’aveva salvata stava discutendo sottovoce col demone verde.
Ed era serena…
Ed avrebbe voluto camminare, fare un bagno nell’oceano, o salire sul palco e cominciare a cantare.

Ma non poteva.
Perché quella era solo una pausa.

Perché c’era qualcosa di molto più importante da fare.

Angel ed il demone verde si avvicinarono e Faith si ritrovò ad osservare quest’ultimo, domandandosi come diavolo avesse fatto a convincere Angel a cantare.

“E così, tu sei Faith?” domandò il demone, ed aveva una voce sorprendentemente calda, gentile.
“Vorrei sentirti cantare…” commentò.

“Ed io vorrei essere più alta…” disse lei di rimando.

Il demone sorrise.
“Dolcezza, credevo che avessi lasciato l’atteggiamento da dura nella cella d’isolamento…”

“Lorne…” L’ammonì Angel.

Il demone….quel Lorne, sollevò le mani e sorrise.
“Allora, volete sapere cosa fare?
Semplice…alzate, i tacchi, andate sulla bocca dell’inferno e date una mano…”

Faith guardò Angel prima di domandare:
“E mi hai costretto ad ascoltare All By Myself per questo?”

Angel fece per rispondere, ma Lorne l’interruppe.
“Vedi dolcezza? Il nostro rimuginatore qui, voleva sapere se era la cosa giusta da fare.
Ha anche altri dubbi…”
Tacque, ed il suo sguardo indugiò per un istante sull’ex poliziotta bionda.
“E l’unico modo di chiarirli è andare lì…quanto a te, peperino, direi che è ora di chiudere i conti…ti consiglio di esercitarti nell’arte della genuflessione…”
Lorne guardò Kate, poi disse: “E tu, prima o poi dovremo fare due chiacchiere…”

Fece per allontanarsi, mentre Faith guardava prima Angel, poi la poliziotta bionda, aprì la bocca, ma prima ancora che potesse parlare, Lorne li fece sobbalzare quando disse: “Ah, Angel? Vergogna, vergogna, vergogna! Nascondersi dietro un fantasma, è una brutta, brutta cosa…”

“Eh?” fù l’unica cosa che Faith riuscì a dire.

Osservò Angel, che era rimasto in silenzio, e poi la poliziotta bionda, che trovava improvvisamente molto, molto interessante il suo bicchier d’acqua.

“Ah!” esclamò.
“Capito….”

Angel e la poliziotta, la guardarono e Faith si ritrovò a sogghignare, mentre si rimetteva in piedi: “Andiamo…prima riportiamo B. indietro, prima certe situazioni si chiariranno…”

“Uh…Kate?” mormorò Angel.

Lei sgranò gli occhi, occhi azzurri, molto espressivi.
“Devo venire anch’io Angel, sono garante per Faith…”

Faith strinse le labbra, ancora una volta, appellandosi al suo autocontrollo per non cominciare a ridere.
Si domandava cosa ne avrebbe pensato Buffy, quando l’avrebbero riportata indietro, decidendo, che probabilmente, ci sarebbe stata una lunga sequela di chiarimenti tra la cacciatrice bionda ed un paio di vampiri.

“Angel…”

Faith sussultò, quando sentì la voce di Wesley alle sue spalle.

La cacciatrice bruna lanciò uno sguardo ad Angel.
Non le avevano detto che ci sarebbe stato anche lui.

Aveva pensato che sarebbe rimasto a Los Angeles.
Sperava che sarebbe rimasto a Los Angeles.

“Sì, Wesley?” Domandò Angel, mentre ancora guardava Kate.

“E’ tutto pronto, dobbiamo solo andare…”

Angel annuì.
“Bene…Kate e Faith verranno con noi…”

Solo allora, Faith si voltò: il volto di Wesley non tradì la minima emozione, quando la salutò con un cenno della testa.
“Molto bene…” disse.

“Molto bene” ripeté Faith e di nuovo sussultò quando sentì una mano sui suoi polsi.
Era Kate, la donna non sorrideva. La guardò intensamente per un istante prima di dire: “Adesso ti toglierò le manette…” sembrò esitare prima di aggiungere. “posso fidarmi?”

Inaspettatamente fu Wesley a rispondere: “Certo che puoi…”

Faith guardò Wesley, sorpresa.
Tanto sorpresa che non sentì nemmeno quando Kate le tolse le manette.

Wesley, ricambiava il suo sguardo.
Non aveva mai notato quanto fossero belli i suoi occhi.
Non aveva mai notato quanto il suo sguardo fosse gentile
E dire che lo aveva guardato in faccia, aveva osservato il suo volto divenire una maschera di dolore sotto le sue mani.

Eppure, non aveva notato realmente i suoi occhi.
Si massaggiò un polso indolenzito, mentre le parole le si bloccavano in gola.

“Vi seguiremo con la tua auto Angel, Cordelia ha ancora bisogno di riposare…” Disse Wesley, distogliendo lo sguardo da lei.

“Bene…Faith?” Disse Angel.
“Sei pronta?”

Faith annuì piano, il suo sguardo che ancora una volta indugiava su Wesley, che si stava dirigendo verso l’uscita.
L’uomo si voltò per un istante.
I loro sguardi si incrociarono.
Fu un istante, un solo istante, eppure Faith sorrise, il suo primo vero sorriso, da tanto, tanto tempo.
“Sì” Disse infine. “non credo di essere mai stata così pronta per qualcosa…”