True colors

13 Uno di più

Autore: Phoebes

Spoiler: prime tre stagioni di BtVS, con un accenno a "Killed by death (Il mostro)", puntata numero 18 della 2ª stagione.

Pairing: nessuna in particolare

Rating: PG 13; AU.

Timeline: terza stagione di BtVS per il presente, seconda per il flashback.

Summary: ancora occasioni per ricordare e raccontare, ma anche divertirsi e festeggiare

Disclaimer: i personaggi (tranne Silvia) purtroppo non mi appartengono, ma appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la Warner Brothers, la Mutant Enemy Production, la UPN e la Fox.
Il libro "Nessun luogo è lontano" appartiene a Alternate Futures Incorporated, Joan Stoliar, RCS Rizzoli Libri S.p.A. La traduzione è di Pier Francesco Paolini. L’immagine usata come sfondo della copertina è tratta anch’essa da questo libro, ed appartiene a H. Lee Shapiro.
L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

Feedback: sì sì sì, sempre graditissimo! Scrivete pure per qualsiasi cosa: complimenti, insulti, chiarimenti. Il mio indirizzo è: phoebes79it@yahoo.it.

Distribuzione: il sito www.naufragio.too.it e chiunque voglia, però chiedetemelo!

Data creazione: 21 marzo 2005

Note: Vi avevo promesso di entrare nel vivo della storia, ma alla fine m’è uscita un’altra ff di passaggio!
Temo di stare diventando un po’ ripetitiva… ma che devo fare? Mi diverte il tornare sempre sugli stessi argomenti di Silvia e Angel. Di qualunque cosa stanno parlando, alla fine… tà, il discorso porta sempre allo stesso punto! Che volete farci, è un "chiodo fisso" (è proprio il caso di dirlo)!
Un’ultima cosa: non ho idea di come siano e come si chiamino i ristoranti italiani in America, ma il nome che ho scelto per quello presente in questa ff è un omaggio a un pub della mia città, quello dove io e i miei amici andiamo più spesso.

La solita nota tecnica:
" " indicano i discorsi
"[ ]" indicano i pensieri
* * indicano qualcosa detta con enfasi

 

Uno in più

 

non cambierà un gran che […]
non è poi grave
adesso mi alzerò e farò finta che
sia un giorno uguale a
tutti gli altri però
non sarà semplice
ma poi mi passerà
[…]
ma quanta strada che
devo avere già sul contachilometri
senza grippare
guardo indietro e so già
che cosa troverò nel mio passato
i regali che mi ha fatto il tempo e che avrò
per sempre addosso
luoghi persone tramonti città…
libri dischi profumi che ho in me…
1 in + nient’altro che un numero
1 in + nient’altro che un simbolo
perchè + vado avanti e + mi sembra che
io mi possa fidare di me
non tantissimo un pelo di +
ma sempre un po’di +.
("1 in +", 883)

 

 

21 marzo 1999

Angel era sdraiato sul suo letto, in compagnia di "Così parlò Zaratustra". Era giorno già da un po’, ma lui non era ancora andato a dormire. Stava aspettando che Silvia si svegliasse. Quando era tornato, la notte prima, lei era già andata a dormire, e aveva preferito non svegliarla. Leggeva distrattamente, con l’orecchio sempre teso alla stanza accanto, quando finalmente la sentì alzarsi e andare in bagno. Posò con calma il libro sul letto, aperto e capovolto, per non perdere il segno, e fece per andare da lei. Ma Silvia lo precedette precipitandosi in camera sua: "Ah, bene, sei sveglio." esclamò appena spalancata la porta.

"Sì." rispose lui: "Stavo giusto venendo da te…"

"Angel," la voce di Silvia era molto seria, e la sua faccia preoccupata: "alla fine è successo." sentenziò. Angel non capiva, e stava cominciando seriamente a preoccuparsi anche lui: "*Che cosa* è successo?" chiese.

"Io lo sapevo che sarebbe accaduto, e presto, me l’aspettavo. Ma è stato ugualmente uno shock."

"Silvia, si può sapere di cosa stai parlando?" Mille ipotesi si erano fatte strada nella mente del vampiro, una peggiore dell’altra, e la gravità della ragazza non lo aiutava ad essere ottimista.

Lei gli si avvicinò, puntandosi teatralmente un dito vicino all’occhio destro: "La mia prima ruga." annunciò con solennità.

Angel non sapeva se prenderla a schiaffi o mettersi a ridere, ma si sforzò di non fare nessuna delle due cose: "La tua prima ruga?" chiese, cercando di trasformare il divertimento e l’irritazione nella sua voce in semplice e inoffensivo stupore.

"Sì, ti ricordi?, te l’avevo detto. Sto invecchiando." spiegò lei con tono sconsolato: "Lo sentivo già da un po’. E ora… ne ho la prova!"

"Capisco." Angel le osservò attento l’occhio, e non riuscì più a trattenere un sorriso: "E tra i trecentosessantacinque giorni che compongono un anno, questa ruga ha deciso di spuntare proprio il giorno del tuo compleanno?"

Silvia si imbronciò: "Non prendermi in giro, sto parlando sul serio."

"Non ti sto prendendo in giro." spiegò lui con tono gentile: "È solo che penso che tu stia esagerando." le sorrise, ma il volto di Silvia rimase cupo. La ragazza andò a sedersi sul letto, tormentandosi una manica – troppo lunga – del pigiama. Angel si avvicinò, e lei per fargli posto sul letto, prese il libro e lo chiuse, posandolo sul comodino, prima che Angel riuscisse a dirle di non perdere il segno. "[Peggio per me,]" si disse: "[così imparo ad usare i segnalibri!]". Poiché lei continuava a tacere, ma era chiaro che aveva voglia di parlare, decise di cominciare lui: "Quando abbiamo deciso di stabilirci qui a Sunnydale, uno dei motivi era che tu avevi veglia di… "stabilità" (così hai detto) perché sentivi di stare invecchiando. E non ti dispiaceva, perché ti sembrava l’unico modo per poter finalmente condurre un’esistenza in maniera normale."

Silvia annuì: "Ma mi ero illusa. E sbagliata. Perché sinceramente non sono più tanto convinta di voler fare una vita normale." Di nuovo rimase in silenzio, lo sguardo fisso a terra. C’era qualcosa di preciso che voleva dire, e non ci riusciva, ed Angel non arrivava proprio a capire di cosa si trattasse.

"Sei preoccupata perché temi di dover rinunciare a fare l’ammazzavampiri?" provò a domandare. Silvia annuì, poi scosse la testa: "Non è solo questo." spiegò: "È… tutta una serie di cose… è.. difficile, io… non so…" parlava sempre senza guardarlo in faccia. Proprio non riusciva ad arrivarci al punto, a dirgli cosa la angustiava maggiormente.

"Silvia" mormorò. Solo lui sapeva pronunciare il suo nome in maniera tanto… rassicurante. Angel aveva detto solo una parola, eppure qualcosa si allentò in lei, e tutt’a un tratto quello che doveva dire le sembrò estremamente semplice. Si voltò a guardarlo negli occhi, e il vampiro poté vedere quanto i suoi fossero carichi di lacrime in procinto di sgusciare fuori, oltre a sincera disperazione. E allora capì qual era il problema, anche prima che lei gli dicesse quelle poche, ma esaurienti parole: "Io ho paura."

Angel l’abbracciò, stringendola forte, e lei affondò il viso nel suo maglione. Finalmente lasciò andare le lacrime, sentendosi molto stupida ma al tempo stesso molto sollevata.

"Scusami." le stava dicendo intanto lui: "Avrei dovuto capire… Posso solo provare a immaginare come ti senti, Piccola. Io…"

"Lo so." lo zittì lei, parlando sui suoi pettorali: "So che tu non desidereresti altro, che se potessi tornare umano ne saresti felicissimo, e… ti capisco! Fino a poco tempo fa anche a me sembrava una bella cosa. Mi sembra ancora una bella cosa, per la verità.. però… ho paura."

Angel smise di abbracciarla per guardarla di nuovo in viso. Le asciugò le lacrime con le dita, poi le sorrise dolcemente: "È normale avere paura di invecchiare. Ce l’hanno anche gli esseri umani, che pure vedono il loro corpo cambiare costantemente anno dopo anno."

"Appunto!" esclamò lei: "Per me è peggio! Per più di cent’anni il mio corpo è stato sempre lo stesso, ci potevo contare! Mentre ora… penso che un giorno non tanto lontano non sarò più così. E non mi riferisco solo alla parte estetica (sebbene tremo al pensiero del giorno in cui vedrò il mio sedere cedere e il mio seno afflosciarsi). Parlo anche a livello di affidabilità. Un giorno non sarò più così… scattante, i miei riflessi faranno cilecca, la mia forza mi abbandonerà…"

"Capisco come tutto questo può spaventarti," tentò di consolarla Angel: "devi però ricordarti che tu non sei umana, perciò non invecchierai come le altre persone. Non perderai troppo presto la tua forza, e sono sicuro anche la tua bellezza. Lo so che parlo di cose che non posso capire fino in fondo, ma credo proprio che la situazione non sai così tragica come la vedi tu…" ma Silvia non era per niente convinta. Ecco che di nuovo evitava il suo sguardo.

"Piccola" la chiamò lui, prendendole delicatamente il mento, facendola voltare: "Che cos’è che ti preoccupa veramente? Dimmelo, non aver paura…"

"Non ho paura di dirtelo, è solo che.." si interruppe di nuovo.

"Andiamo… Che cosa mai può esserci di così grave, da farti così esitare? Avevamo promesso di dirci tutto! E una volta tanto, per fortuna, quello che devi dirmi non ha niente a che fare con…" si bloccò di colpo, finalmente consapevole della vera radice del problema di Silvia: "Oh, e invece sì. Adesso capisco. Ha a che fare con Spike…"

Silvia annuì: "Sì, in parte." Bè, ormai aveva "introdotto" l’argomento, tanto valeva dirgli tutto: "La cosa che mi fa più paura dell’invecchiare è che… dovrò farlo da sola."

Angel l’abbracciò, stringendola forte: "Silvia, tu non sarai mai sola. Io non ti abbandonerò. Te l’ho promesso, ricordi?"

Lei sorrise, tristemente, stringendosi a lui: "Lo so, Angel. So che tu mi sarai sempre vicino. Ma — senza offesa —… neanche tu invecchierai."

Angel continuò a stringerla, senza dire nulla. Non poteva ribattere niente. Era vero. Lui non sarebbe invecchiato. Sarebbe rimasto accanto a lei, a guardarla morire. Invidiandola, forse. Ma soffrendo, irrimediabilmente.

Mentre erano così stretti, Silvia sentì qualcosa bagnarle il collo. Si spostò stupita, e si accorse che era una lacrima. Angel stava piangendo.

"Oddio, Angel, no! Per favore, non piangere! Io.. mi passerà, vedrai! È solo la choc del momento! Un po’ di sana malinconia da compleanno… ti ricordi di Ally McBeal, no? Ti prego, non piangere più!"

Odiava vedere Angel piangere. Era una cosa troppo sconvolgente. Lui era quello che consolava, che asciugava le lacrime… non quello che piangeva! E poi, soprattutto, quando Angel piangeva, lei si sentiva un dolore dentro, che le partiva dalle viscere, a le arrivava al cuore, sconquassandola, ed era peggio di qualsiasi altra cosa. Poteva solo desiderare che smettesse, fare qualsiasi cosa pur di farlo smettere.

"Non volevo farti piangere." mormorò, cercando di sorridere: "Scusami, e dimentica tutto quello che ho detto!"

Angel scosse la testa: "Non è colpa tua, e non c’è niente da dimenticare. Quello che hai detto è vero. Io non invecchierò con te. E sarà doloroso. Per entrambi, immagino. Ma per fortuna manca ancora molto, molto, moltissimo tempo." le sorrise, accarezzandole una guancia, e lei tornò a rifugiarsi nel suo abbraccio.

"E poi… sono stato uno stupido." continuò lui, sottovoce: "Avrei dovuto capire cosa intendevi veramente."

"E cioè?"

"Quando hai detto che invecchierai da sola, intendevi… senza Spike."

Silvia si ritrasse dall’abbraccio, sorridendo, lievemente in imbarazzo: "Bè… sì, anche. Non so perché, ma tutta questa cosa dell’età che avanza, mi ha fatto pensare subito a lui."

"Oh, io lo so perché!" esclamò Angel, con tono saputo.

Silvia lo guardò interrogativamente, e lui rispose, sorridendo: "Perché tu pensi sempre a Spike."

"Non è vero!" esclamò subito Silvia risentita: "Io lo penso più di quanto dovrei, questo è vero, ma non penso affatto *sempre* a lui!"

"D’accordo, allora, *quasi* sempre!"

"Neanche per sogno!" Silvia era indignata, e tentava di difendersi: "Diciamo… qualche volta.. di quando in quando… forse.. sovente.. probabilmente un po’ troppo frequentemente, te lo concedo… d’accordo, piuttosto spesso, ma….
Oh, che diamine!!!" sbottò alla fine: "E va bene, se proprio vuoi saperlo, un motivo c’è per cui stavolta ho pensato a lui!"

"Bè, avanti, spiegami. Smentiscimi."

"È che con Spike la situazione è ancora più complicata. Oltre al fatto che lui non invecchia, c’è anche che… bè.. che la prossima volta che ci incontreremo, magari tra, che so, dieci anni, io sarò diversa, molto. E fra venti, trent’anni… gli effetti dell’età saranno ancora più evidenti, e forse… probabilmente… lui non mi vorrà più."

Angel aprì la bocca per parlare, ma Silvia non gliene diede tempo: "Sì, lo so cosa stai per dire. Meglio, perché così finalmente mi renderò conto che non mi ama davvero. Anzi, scusa, stai per dire che sono *io* che non devo più volere lui, indipendentemente dall’invecchiamento. Lo so. Hai ragione. Ma non posso farci niente." Silvia tirò su le ginocchia, circondandole con le braccia. Vi appoggiò sopra il mento, riflettendo, poi sbuffò: "Ok, ripensandoci, devo darti ragione. È… è vero. Io penso sempre a Spike. Sono un caso disperato, temo."

"No, ne ho conosciuti di peggiori." tentò di consolarla lui: "Oddio, al momento non me ne viene in mente nessuno, ma sono sicuro che ci sono!"

"Non dirmi che era una battuta, quella!" chiese Silvia, sarcastica.

"Voleva esserlo, sì."

"Bè, sì, era divertente, te lo concedo." ma non rideva. "Io vorrei davvero liberarmi di lui. Ma non ci riesco. Vorrei tanto innamorarmi di qualcun altro. C’ho provato, un sacco di volte. Ma.. niente. Con qualsiasi uomo stavo, finivo sempre per paragonarlo a Spike."

"E il malcapitato usciva sempre sconfitto, capisco. D’altronde, chi può competere con Spike?" osservò Angel con l’evidente intento di stuzzicarla.

Ma lei scosse la testa: "E invece ti sbagli. Spike perdeva quasi sempre. Ma io continuavo a volere lui lo stesso…" Sorrise, tentando di sdrammatizzare: "Che ti dicevo? Sono o non sono un caso senza speranza?"

"Vedila così…" tentò di rincuorarla Angel: "magari la vecchiaia ti porterà consiglio…"

Silvia lo guardò storto: "Due battute in due minuti? Ti senti bene?" gli chiese pungente. Ma si sentiva già più rinfrancata. Sorrise: "Bene!" disse infatti con fare gioviale, alzandosi: "Penso proprio che andrò a festeggiare il mio compleanno facendo shopping! Vado a fare una doccia." Lo abbracciò forte un’ultima volta: "Grazie di tutto, Angel. Ora va molto meglio."

"Ma io non ho fatto niente." si schermì lui.

"Sì invece." Si voltò verso la porta, ma lui la prese per un braccio: "Silvia" il suo tono era apprensivo.

"Davvero, Angel, sto meglio. Parlarne mi ha fatto bene." lo rassicurò: "Sto *veramente* meglio! E poi penso che tu abbia ragione, si tratta del mio compleanno, sono sicura che domani sarà tutto passato!"

"Sì, ti credo. Ma volevo chiederti una cosa… Gi altri, lo sanno?"

"Chi? Cosa?"

"Buffy, Willow, Xander e Giles! Che oggi è il tuo compleanno!" le rispose Angel spazientito.

"Ehm.. no. Suppongo di no. Tu gliel’hai detto, per caso?" chiese lei tamburellandosi sulle labbra con la mano.

"No." rispose Angel, aggrottando la fronte.

"Bene, allora non lo sanno." rispose lei quasi con sollievo.

"E non hai intenzione di dirglielo?"

"Perché dovrei?" Silvia si liberò il braccio che Angel ancora stringeva.

"Per farti dare gli auguri, e festeggiare con loro…" rispose lui, col tono di qualcuno che sottolinea l’ovvio.

"No, non voglio festeggiare con nessuno. Io.. lo sai che non amo i compleanni." disse Silvia scrollando le spalle, per evidenziare quanta poca importanza dava alla cosa:"Non ci ho dato mai peso fino… fino ad ora. E preferisco continuare così."

"Ma perché scusa? Che male c’è ad essere festeggiati?"

"Niente. Solo che… a me non va. Lo so io, lo sai tu, e… insomma, lo sa chi importa davvero. Neanche tu, mi sembra, vai sbandierando ai quattro venti la data del tuo compleanno!"

Angel aprì la bocca per protestare, ma si arrese subito, di fronte allo sguardo deciso di lei: "Va bene, d’accordo." disse: "Se non vuoi, non lo dirò a nessuno. Ma… almeno ti lascerai portare a cena fuori stasera?"

"Paghi tu?"

"Certo."

"Va bene, questo te lo posso concedere."

 

Alcune ore più tardi.

"Mio dio! Ma quanta roba hai comprato? E poi.. perché? E soprattutto… che roba è?!?" Angel guardava attonito Silvia che tirava fuori dalle varie buste una quantità enorme di flaconcini e involucri vari.

"Allora.. ho preso qualche shampoo: uno per i capelli fragili, uno per i capelli lunghi, uno per i capelli lisci… sai, li ho presi tutti e tre per provarli, poi deciderò quale è meglio per me. Questa è una crema per il visto, crema antirughe, questa è contro la cellulite, contro le smagliature, latte detergente senza nichel… un’altra crema antirughe, crema da giorno, crema da notte, bagno schiuma che rispetta il pH… un’altra crema antirughe… questo è un sapone delicato che non aggredisce la pelle… un’altra crema antirughe…"

"Ok!" esclamò Angel tentando di fermarla nell’enumerazione: "Al cosa hai risposto. Il quanto lo vedo da me. Vuoi dirmi, ora, per favore, PERCHÉ?"

Silvia abbandonò un momento il suo lavoro di svuotamento delle buste, e lo guardò con aria innocente e stupita: "Come "perché"!? Ne abbiamo parlato stamattina…"

"Ancora quella storia della ruga?"

"No! Cioè, sì! Insomma… devo fare qualcosa o no per ritardare al massimo il deterioramento del mio corpo?"

"Non ti pare di aver un po’ esagerato?"

"Ehi! Non mi sembra di fare niente di strano!" un po’ irritata, Silvia ricominciò a infilare tutto di nuovo nelle buste: "Tutte le ragazze usano prodotti per la cura del corpo!"

"Tutte le ragazze usano *quattro* tipi diversi di crema antirughe?"

"No, quello no, è che non sapevo decidermi, così ho preso un po’ di tutto, poi, usandoli, mi renderò conto di quale è più efficace. Credo.. Insomma, in qualche modo dovevo pur cominciare!"

"Già, appunto! Visto che dovevi cominciare, potevi farlo in maniera più soft!"

"Uffa, ma perché? È stato così divertente!" Silvia sbuffò infilando l’ultima scatola nella busta più grande: "E adesso, se vuoi scusarmi, vado a sistemare i miei nuovi acquisti." e così dicendo, raccolse tutte le buste e si avviò in camera sua con aria non troppo velatamente offesa.

Angel maledisse sé stesso e i suoi commenti inopportuni: "Scusami!" le disse prima che lei si richiudesse la porta alle spalle. Silvia fece capolino dalla stanza: "Sì?!?"

"Ho detto "scusami"."

"Ho sentito, ma credevo ci fosse dell’altro…"

"Non ti bastano le mie scuse?"

"Certo, sono molto gradite! Ma ci sono quelle tre piccole paroline così dolci alle mie orecchie…"

"Tre… piccole…… Oh, sì!" Angel parve spazientito: "[Delle volte sa essere così… così…]" Ma si accorse di stare già sorridendo: non poteva farci nulla, lui adorava quella ragazza! "Hai… ragione… tu!" contò sulle dita: "Contenta ora?"

"Sì, grazie!" rispose lei con un sorriso a trentadue denti, sparendo di nuovo in camera. Angel la sentì trafficare di nuovo con tutti i suoi nuovi acquisti, riempiendo i ripiani di quel bagno che fino ad allora era sempre stato piuttosto spoglio.

Silvia cercava di sistemare le cose in maniera razionale: i prodotti per il corpo da una parte, quelli per il viso da un’altra… ma aveva comprato veramente tante cose! Solo le creme antirughe erano sei, e non quattro, come aveva pensato Angel. Forse aveva davvero esagerato! Naturalmente non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.

Il vampiro intanto era entrato in camera sua, e Silvia sentiva che era in attesa: "Che c’è, Angel?" gli gridò dal bagno: "Vuoi dirmi qualcosa?"

"Sì." ammise lui: "Per stasera… ho prenotato."

"Addirittura? E dove?"

"All’Italian Bistrò."

"Davvero? Cucina italiana! La adoro!"

"Lo so."

"Ma è frequentato da tutti quegli snob…" esclamò Silvia, ad un tratto preoccupata. Lasciò perdere per un po’ i cosmetici, e rientrò in camera: "Io non so se ho qualcosa di adatto per…" Si fermò sulla porta ad osservare allibita Angel che teneva per la stampella un vestito. Era semplice, nero, stretto alla vita, e con una gonna a pieghe che scendeva morbida probabilmente fino ai piedi. Non aveva la spallina sinistra, mentre la destra era ben spessa — piccolo accorgimento di Angel per la sua cicatrice.

"Angel…" dopo essere rimasta per parecchi secondi a fissare il vestito con gli occhi e la bocca spalancati, Silvia era passata a guardare Angel, poi di nuovo il vestito, poi di nuovo Angel. E a parte il nome del vampiro, non era riuscita a spiccicare parola. Lui intanto sorrideva, compiaciuto: "Sapevo che avresti gradito." commentò, visto che lei non parlava.

"Sì." riuscì finalmente a dire la ragazza: "È bellissimo…" si avvicinò, sfiorando la stoffa: "Era parecchio che non mi compravo un vestito nuovo. Non uno così bello, almeno… Non c’era stata occasione…"

"Lo so. Tanti auguri."

Silvia gli saltò al collo, stringendolo fortissimo: "Grazie, Angel, grazie!"

"E se per caso dovesse essere troppo scollato sulla schiena, puoi sempre metterti una stola. Ma io penso che vada bene così."

Lei continuava a stringerlo, commossa, sussurrando ogni tanto un altro: "Grazie."

"Ehi… andiamo… è solo un vestito…"

"È un vestito stupendo, e… e io in realtà volevo comprarmene uno nuovo, ma… ed è perfetto per me e… insomma, era proprio quello che mi ci voleva per tirarmi un po’ su di morale! Grazie!"

"Vuoi provarlo? Oppure lo metterai direttamente stasera?"

"Io.. voglio provarlo subito!" esclamò lei emozionata. Angel le porse la stampella, e lei la prese con delicatezza, rimirando ancora un po’ il vestito. "Ma tu vattene!" esclamò poi, spingendolo via: "Tu lo vedrai solo stasera!"

"Va bene, va bene, vado via!"

Era passato già un bel po’ di tempo da quando Silvia si era chiusa in camera a provare il vestito, e ancora non era uscita. Continuava a rimirarsi allo specchio, a immaginare come avrebbe sistemato i capelli, alle scarpe che avrebbe indossato, all’eventualità o meno di mettere le calze… quando suonarono alla porta.

"Angel, vai tu?" gridò senza staccare gli occhi dallo specchio.

"Sì" rispose il vampiro, alzandosi dal divano e spegnendo la tv.

Non era Buffy, Angel lo sapeva, altrimenti l’avrebbe sentita prima ancora che suonasse il campanello, per cui aprì con tranquillità. Era un fattorino.

"Un pacco per Silvia Corrigan." spiegò.

Angel lo prese, curioso, e firmò al posto di sua "sorella". Poi andò a bussare alla porta di Silvia.

"Chi era?" chiese lei da dentro.

"Un fattorino. Con un pacco. Per te."

"Per me?!?" Silvia era più sorpresa di lui: "Arrivo!" esclamò. Si tolse in tutta fretta il vestito, attenta a non sgualcirlo, e si infilò le prime cose che tirò fuori dal cassetto.

Spalancò la porta della stanza, ed Angel era lì a fissare la scatola come se con l’intensità dello sguardo fosse possibile guardarci dentro. Silvia gliela strappò impaziente dalle mani, e la aprì. All’interno c’erano una busta e un piccolo pacchetto. Silvia gettò la scatola sul divano, avvicinandovisi, e aprì la busta con la mano un tantino malferma. Dentro c’era un biglietto, e Silvia lo lesse spalancando smisuratamente gli occhi: "Oddio!" esclamò.

"Che dice? Chi te lo manda?" chiese Angel incuriosito.

Silvia scosse la testa: "C’è scritto solo: "Buon compleanno. S.""

"Oh." commentò Angel, comprendendo il suo turbamento: "È da parte di Spike." aggiunse, sebbene fosse assolutamente superfluo.

Silvia annuì: "Credo di sì. Dopotutto, non sono in molti a sapere del mio compleanno. E poi, sì, mi pare proprio la sua calligrafia. Ma è così assurdo! Mi ha fatto un regalo. Non ci posso credere, mi ha fatto un regalo!"

"La cosa ti stupisce tanto?"

"Bè, sì! L’ultima volta che ci siamo visti, ci siamo detti… *io* gli ho detto tutte quelle cose, e adesso… Insomma!! Come può, dopo il modo in cui ci siamo lasciati, ricordarsi del mio compleanno, e mandarmi pure un regalo?!!?!!"

"Aspetta, aprilo, prima, non sai ancora cos’è."

"Bè, sembrerebbe un libro." Silvia soppesò il pacchetto, rigirandolo per ogni verso: "Piuttosto piccolo, ma sembra proprio un libro." strappò la carta, rivelando in effetti un libricino, dalla copertina molto colorata: "Richard Bach. "Nessun luogo è lontano"." lesse ad alta voce.

"Lo conosci?"

"L’autore sì. È quello che ha scritto "Il gabbiano Jonathan". Ma questo libro non l’avevo mai sentito." Gli dette una rapida sfogliata: "Ci sono più immagini che parole… Comunque, adesso lo leggo, e poi ti faccio sapere se è un semplice regalo, o ha un significato recondito." Silvia andò a chiudersi nella sua stanza, e Angel si sedette sul divano accendendo di nuovo la televisione.

Alcuni minuti dopo, Silvia uscì a razzo dalla sua stanza col libro in mano, e le lacrime agli occhi, gridando: "ANGEL!"

Il vampiro sussultò affrettandosi a spegnere la tv e contemporaneamente balzando in piedi: "Mio Dio!" esclamò guardandola: "Era così commovente?"

"No.. sì.. no… Angel…" Silvia gli sventolò il libro davanti agli occhi, cercando le parole per descriverlo: "È… come dire… è… è…" abbassò le braccia, rinunciando a spiegarsi.

"Ma… l’hai già letto tutto?" le chiese intanto Angel.

"Sì, te l’ho detto che sono più immagini che altro." Silvia girò intorno al divano, per andare a sedersi, e tirò Angel giù per far sedere anche lui: "Adesso ti spiego… " iniziò, cominciando a sfogliare il libro: "Parla di un compleanno, e fin qui, ok, niente di strano. C’è questo tizio che va a trovare la sua amica Rae per portarle un dono per il suo compleanno. Parla con vari uccelli che lo accompagnano nel suo viaggio. È veramente molto poetico, e anche un po’ filosofico, direi. E le immagini sono bellissime. Alla fine lui arriva da lei e… senti che dice:

"Tu non hai compleanno,

perché sei sempre vissuta;

non sei mai nata, e mai morirai.

Non sei figlia di coloro che

tu chiami papà e mamma, bensì

loro compagna d’avventure,

in viaggio alla scoperta

delle cose del mondo, per capirle.

Ogni regalo che ti fa un amico

è un augurio di felicità:

così pure questo anello.""

Silvia fece una pausa, voltando pagina lentamente, come per assaporare ancora un po’ le frasi che aveva appena pronunciato, poi ricominciò a leggere:

" "Vola libera e felice,

al di là dei compleanni,

in un tempo senza fine, nel persempre.

Di tanto in tanto noi c’incontreremo

— quando ci piacerà —

nel bel mezzo dell’unica festa

che non può mai finire.""

Silvia chiuse il libro, e rimase a fissare la copertina. Sull’ultima frase la voce le aveva leggermente tremato. Angel tamburellò con le dita sulle ginocchia, mentre lei continuava a tacere. Sì, erano belle parole, ma… non gli erano sembrate poi così commoventi. Tentò di capire cosa *doveva* esserci sotto. Ma perché Silvia dava sempre per scontato che lui sapesse cosa le passava per la testa? Dannato Spike! Lei era già abbastanza turbata, senza che lui ci mettesse in mezzo il suo misterioso regalo! Le prese il libro dalle mani, aprendolo all’ultima pagina, e lesse: ""…al di là dei compleanni, in un tempo senza fine, nel persempre." È questo che ti ha colpita? Perché oggi pensavi proprio al tempo che passa?" tentò.

Lei annuì: "Ma non solo." aggiunse. E poi non disse altro.

"[Odio giocare agli indovinelli!]" pensò Angel. Dette un’altra occhiata al libro, e lesse un altro pezzo: ""Di tanto in tanto noi c’incontreremo — quando ci piacerà — nel bel mezzo dell’unica festa che non può mai finire."" fece una pausa, poi chiudendo il libro, chiese: "Credi che voglia dirti che tornerà?"

"Non lo so." rispose lei, prendendogli il libro di mano. Lo voltò, e gli mostrò la frase scritta in quarta di copertina:

" Può forse

una distanza materiale

separarci davvero dagli amici?

Se desideri essere accanto

a qualcuno che ami,

non ci sei forse già?"

Angel aggrottò la fronte. Spike se n’era andato lasciando intendere che avrebbe tentato di riconquistare Dru, ma Angel non gli aveva veramente creduto. E se Drusilla non c’era più in effetti doveva sentirsi davvero molto solo. Non era difficile per Angel immaginarselo che pensava a Silvia ogni momento, che desiderava con tutto se stesso esserle accanto. Era sempre stato ossessivo nelle sue passioni. Com’era che diceva Oscar Wilde? "L’unica differenza tra un capriccio e la passione di una vita è che il capriccio dura un poco più a lungo." Ma poteva un capriccio, un’ossessione, durare più di cento anni?

Angel scosse la testa, pensieroso, e sospirò. Poi si accorse che Silvia aspettava ancora da lui una risposta, un chiarimento.

"Mi dispiace," le disse: "ma non riesco proprio a cogliere il significato. Forse… forse era semplicemente un bel libro, che parlava di un compleanno. È solo un regalo, senza nessun messaggio subliminale."

"Sì, può essere." convenne Silvia, ma subito dopo aggiunse: "O forse vuol dire che è qui a Sunnydale!" a quel pensiero il cuore le accelerò. Angel valutò l’ipotesi, e dovette ammettere che non era improbabile.

Ma Silvia scosse la testa: "No, ripensandoci, non credo. Non può essere tornato. È inutile che mi illudo. Anzi, è probabile che non tornerà più, devo farmene una ragione." disse in tono sconsolato. "[Però… il regalo… dovrà pur significare qualcosa!]" insisteva il suo cuore. Scosse la testa con decisione, e si rianimò, sorridendo: "Ma, comunque sia, non m’importa. Non ci voglio pensare! Stasera di Spike non me ne importa niente! Stasera è solo per noi due, giusto?"

Angel la guardò, vide che non stava fingendo, desiderava davvero togliersi di torno il pensiero di Spike, e le sorrise: "Certo, Piccola. Stasera siamo solo noi due, e nessuno ci rovinerà la serata!"

 

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"Ho fatto la solita cazzata, vero? Ma come mi è saltato in mente di farle un regalo?!? Io… volevo solo che sapesse che penso a lei… Ma chissà se a lei gliene frega qualcosa! Chissà… chissà se le è piaciuto. Io credo di sì. Era bello, e le cose belle piacciono a tutti, no? Tu che dici? … Forse avrei dovuto lasciarle un indirizzo a cui poteva rispondere… Non so neanche se l’ha ricevuto, porca puttana! L’ennesima cazzata, lo sapevo… ma che avevo in testa?"

Incavolato con se stesso, Spike tirò fuori il volto della caccia, ringhiando di frustrazione. La ragazza, che fino ad allora si era limitata a rispondere tra le lacrime solo con cenni del capo, lanciò un grido, e si appiattì ancora di più contro il muro.

Il vampiro, ubriaco, la guardò come stupito di trovarla lì. Era stata una silenziosa interlocutrice per il suo monologo, ma in realtà si era quasi dimenticato della sua presenza. Ubriaco com’era di alcool e rimpianti. Ma ora che ormai l’aveva notata, la fissò con interesse.

Oh, sì. Ora si ricordava.

Si era appena scolato l’ultima bottiglia, imprecando per essere rimasto a secco, quando li aveva sentiti. Ridevano. Un gruppo di ragazzi, tre femmine e due maschi.

E si era reso conto di essere affamato. Si era mosso verso di loro, barcollando, ma senza farsi notare. Una delle ragazze si era allontanata dagli altri, salutandoli. Spike si sentiva la testa scoppiare, aveva veramente bevuto troppo. Così aveva deciso di accontentarsi di una sola preda. L’aveva seguita e prima che potesse arrivare alla macchina, l’aveva afferrata e sbattuta contro il muro. Stava per morderla, quando aveva notato la croce che la ragazza portava al collo. Si era fermato per scostarla, e si era ricordato di quando aveva fatto quello stesso gesto sotto la doccia con Silvia.

E così aveva cominciato a pensare a lei che, chissà, forse in quel momento stava aprendo il suo regalo.

E aveva cominciato a parlare a raffica, fermando quasi distrattamente i due tentativi di fuga della ragazza, risbattendola prontamente contro il muro.

E ora il suo grido spaventato gli aveva ricordato che era ancora lì, rannicchiata in se stessa, e terrorizzata.

"È tutta colpa tua, lo sai?" le gridò, infuriandosi ancora di più: "Mi sono ubriacato per non pensare a lei, e invece tu me la ricordi!"

Ma era stufo di parlare, e di pensare. Aveva fame. Afferrò la ragazza per un braccio, tirandola in piedi, e poi affondò senza cerimonie i denti nel giovane collo. Durò solo pochi minuti, la ragazza perse conoscenza, e anche sapore. Spike la lasciò cadere a terra. Lo spuntino gli aveva dissipato un po’ la nebbia che gli riempiva la testa. Fissando il cadavere, dovette ammettere con se stesso che la ragazza non aveva nessuna colpa. In realtà se gli era venuta in mente Silvia, era perché pensava sempre a lei.

Tornò lentamente al volto umano, pulendosi la bocca col dorso della mano. Aveva ancora fame, si sentiva tutt’altro che soddisfatto e ancora molto di malumore. Voltò bruscamente le spalle alla ragazza morta, e si diresse verso il centro della città.

Chissà poi se il regalo le era piaciuto…

 

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Alla fine, aveva scelto il "tono su tono". Silvia l’aveva implorato di non vestirsi di nero, offrendosi generosamente di scegliere lei cosa doveva mettersi. Aveva allegramente aperto l’armadio del vampiro, per richiuderlo sconsolata subito dopo: con un rapido sguardo si era accorta che non c’era nessuna nota di colore tra i vestiti di Angel, e si era rassegnata. Angel aveva riflettuto per un po’, ma non aveva trovato niente di meglio che vestirsi completamente di nero. Ed ora era un tantino nervoso. Gli sembrava di essere a posto, in ogni caso, ma una guardatina allo specchio gli avrebbe fatto comodo.

Silvia non era ancora pronta, ma in effetti era ancora presto, era lui ad essere in anticipo. Mentre camminava distratto e irrequieto per il soggiorno, sentì la ragazza che si schiariva la voce per attirare la sua attenzione, e si voltò.

"Come sto?!?" gli chiese lei ferma sulla porta della sua stanza, sorridendo.

"Sei.. una favola!" rispose lui, sinceramente ammirato. Caspita, le stava anche meglio di quanto avesse immaginato! Lei girò su sé stessa, mostrandogli la schiena: "È perfetto, avevi ragione!" disse alludendo alla cicatrice totalmente nascosta.

Angel le sorrise: "*Tu* sei perfetta." e le offrì galantemente il braccio.

 

Alcune ore dopo, all’Italian Bistrò, era tutto un gran bisbigliare nella sala grande del ristorante. Erano tutti troppo educati per alzare la voce, quindi chiunque (sia le splendide signore in audaci abiti da sera che gli eleganti uomini in doppiopetto e smoking, e perfino i camerieri) si scambiavano solo sguardi allusivi e poco più che sussurri, per commentare la strana coppia, mai vista prima nel locale — due così, li avrebbero notati! —. Da quando erano arrivati, non avevano fatto altro che parlare, ridere, guardarsi negli occhi e sfiorarsi le mani. Chi erano? Una coppia appena sposata? Ma quelli dei tavoli più vicini potevano vedere che non c’erano fedi sulle loro dita. Allora due fidanzati? Forse lui stasera l’aveva portata lì per chiederle di sposarlo!

Di sicuro non erano al primo appuntamento. Troppa confidenza nelle loro risate. Troppa intimità nel loro accarezzarsi. Troppo sentimento nei loro sguardi. E stavano troppo bene insieme. Talmente bene che sembravano non essersi minimamente accorti di essere diventati la principale attrazione della serata. Per la verità, Silvia se n’era accorta, e all’inizio le aveva fatto anche piacere, però dopo un po’ la cosa aveva cominciato a seccarla. Ma non aveva intenzione di rovinarsi la bellissima cena, per cui preferiva ignorarli. Era da tanto che non passava una serata così piacevole. Lei e Angel solamente, a parlare del più e del meno senza nominare mai né Buffy né Spike. Perfetto! Semplicemente perfetto!

Ma come tutte le cose perfette, anche la cena all’Italian Bistrò ebbe termine. Anche Angel, però, evidentemente, aveva voglia di prolungare più a lungo possibile la bella serata, così la portò in spiaggia. Camminarono in silenzio per un po’. Silvia, con le scarpe in mano e la giacca di Angel sulle spalle, si avvicinò alla riva, per bagnarsi i piedi in acqua: "Brrr!" esclamò: "È freddissima!" Ma rimase lo stesso per un po’ a lasciarsi accarezzare dalle onde che si infrangevano, reggendosi la gonna con la mano libera. Mentre guardava il riflesso della luna sull’acqua e, felice, si perdeva in pensieri poetici, sentì all’improvviso qualcuno afferrarla alla vita. Per poco non le venne un colpo: era l’esatta copia di un sogno che faceva spesso su Spike! Ma si riebbe in fretta. Era Angel. Il vampiro la stringeva nel suo abbraccio rassicurante, e Silvia si appoggiò al suo torace, assaporando la dolcezza del momento. Gli abbracci di Angel sapevano renderla sempre così tranquilla, e in una serata in cui lei si sentiva già splendidamente bene… Voltò un po’ la testa, per sussurrargli all’orecchio: "Grazie, Angel. È il compleanno più bello degli ultimi… bè, parecchi anni!"

All’improvviso, una nota stonata. Qualcosa in Angel si irrigidì, spingendo Silvia a sciogliersi dall’abbraccio, e voltarsi del tutto per guardarlo in faccia: "Che c’è? Ho detto qualcosa che non va?"

Il vampiro scosse la testa: "No, non preoccuparti. È solo che… stavo pensando all’anno scorso. È stata la prima volta in tutti questi anni che io… ho dimenticato il tuo compleanno. Mi dispiace."

"Oh, andiamo, stai scherzando?" disse lei con tono allegro: "Non ti devi scusare! Anzi, secondo me è un bene che te lo sei dimenticato! Considerato qual è stato il tuo regalo per San Valentino, non oso immaginare… cioè… no… io…" Silvia si prese la fronte con la mano, irritata con sé stesa: "Scusa, Angel. Io volevo dire qualcosa per non farti sentire in colpa, e invece…"

Angel le sorrise: "Non ti preoccupare. Hai ragione, è stata una fortuna che io me ne sia dimenticato. Mi spiace solo di averti lasciata da sola… capisci che voglio dire?"

Lei annuì, e lo abbracciò: "Sì, Angel, capisco."

Anche lui la strinse e le baciò la fronte: "Povera Piccola…" aggiunse poi con un tono lievemente di scherno, per farle capire che era tutto ok, il momento triste era passato: "Quindi l’anno scorso nessuno ti ha fatto gli auguri."

A quelle parole Silvia sbuffò, staccandosi dall’abbraccio: "[Lo sapevo!]" pensò.

Angel la guardò stupito: "Scusa, non volevo offenderti…"

"No, Angel, non è colpa tua." Silvia si voltò di nuovo verso il mare, stringendosi la giacca addosso: "È che speravo che saremmo riusciti a passare tutta la serata senza nominarlo, ma a quanto pare non c’è verso…"

"Oh" Angel comprese, ricordandosi: "È vero, l’anno scorso, di questo periodo, Spike viveva con te. Avrei dovuto immaginarlo che se lo sarebbe ricordato."

"Già… ehm… sì…" fece lei, vaga.

"Ti va di raccontarmelo?" le chiese lui, spostandosi un po’ di lato, senza avvicinarsi troppo, per non finire coi piedi in acqua.

"Mi ha solo detto "Buon compleanno". Non c’è molto da raccontare." rispose lei facendo spallucce, e fissando l’oceano.

"D’accordo," convenne lui: "Come vuoi, se non…"

"Era il periodo in cui Buffy era stata male, tanto che avevano dovuto portarla in ospedale."

"Sì, me lo ricordo." disse Angel con un sorriso, dovuto all’enfasi della ragazza nel raccontare, dopo che aveva appena negato che ci fosse qualcosa da dire.

Silvia parve non notarlo, e continuò: "Credevo che quello potesse essere un periodo di riposo per lei, mentre poi mi hanno raccontato che ha avuto dei problemi anche lì in ospedale. Comunque io ero ben felice di prendermi la responsabilità della caccia, visto che ero molto nervosa e sfogarmi sui vampiri mi faceva bene. E visto che una delle principali fonti del mio nervosismo era immobilizzata in casa mia, avere una scusa per stare fuori tutto il tempo era proprio quello che mi ci voleva.
Ma alla fine a casa ci dovevo tornare, e Spike era proprio dell’umore giusto per litigare…

 

21 marzo 1998

"Ronda più lunga del solito, stasera, Zucchero? Che c’è, la cacciatrice è ancora fuori uso?" Spike era fermo con la sedia a rotelle al centro della stanza, le braccia incrociate, gli occhi due spade affilate che l’avevano infilzata appena aperta la porta.

"Ha una brutta influenza Spike; è umana, può succedere anche a lei di ammalarsi." Silvia si chiuse la porta alle spalle, parlando, e girò intorno a Spike passandogli alla larga, diretta alla sua camera. Aveva paura di avvicinarglisi, perché se solo lui l’avesse toccata, temeva di non riuscire a resistergli. L’ultima volta lui l’aveva tirata giù facendosela cadere in grembo, aveva cominciato a baciarla e ad infilarle le mani dappertutto, e avevano finito col farlo sulla sedia. Oddio! Via, via certi ricordi! Pensare al sesso in presenza di Spike era sempre pericoloso!

Ma per fortuna stavolta lui sembrava interessato solo a litigare: "Sarebbe molto divertente se invece che da un vampiro venisse uccisa da una malattia!" stava infatti esclamando sorridendo diabolicamente.

"No, non sarebbe divertente per niente" gli rispose lei, fermandosi a fronteggiarlo, rimanendo volutamente in piedi davanti al divano: "E comunque, mi dispiace distruggere i tuoi sogni, ma Buffy si rimetterà presto." annunciò.

Spike non si lasciò scoraggiare, e squadrandola quasi ferocemente da sotto in su, sferrò un altro attacco cambiando argomento: "È un vero peccato. Anche per te, immagino."

Lei alzò gli occhi al cielo, spazientita: "Ti ho appena detto che…"

"Lo so, non volevo dire che tu desideri che Buffy muoia. Però, quando lei starà bene non avrai più tante scuse per evitarmi."

"Io non ti sto evitando." L’attimo di esitazione che aveva avuto Silvia nel ribattere gli fece capire che stava mentendo. Scosse la testa con un sorriso amaro, mentre lei continuava: "Spike, se volessi evitarti, ti caccerei di casa, non credi?"

"No, hai ragione, non mi stai evitando." le rispose lui con tono di scherno, per continuare poi subito dopo con voce molto più dura: "Però sono settimane che mi rivolgi a mala pena la parola, quando sei qui hai un’aria sofferente, non vedi l’ora di scappare via. Praticamente stiamo insieme solo quando scopiamo, e dopo tu comunque trovi sempre una scusa per defilarti al più presto!"

"Io non trovo scuse, c’è davvero molto da fare."

"Ma non mi dire! Così tanto da farti uscire di casa la mattina presto e stare via tutto il giorno? Cos’è, i vampiri vanno in giro anche sotto il sole, adesso?"

Il suo tono la irritava da morire, quasi quanto il fatto che aveva assolutamente ragione su ogni cosa. Ma non era decisa a cedere, neanche di un millimetro: "Forse non l’hai notato," sbottò infatti subito, furente: "ma la Bocca dell’Inferno non si riposa molto, ultimamente. Senza contare il Flagello che se ne va ormai in giro indisturbato!" aveva appena finito di parlare, che si era accorta della stupidità della sua ultima affermazione. Il guizzo negli occhi di Spike le confermò l’errore.

"E chi se lo dimentica il caro vecchio Angelus?" sbottò infatti il vampiro, quasi ringhiando: "Io no, ma tu e la cacciatrice sembrate invece soffrire di frequenti amnesie a riguardo. Cosa state facendo per liberarvi di lui, eh?, a parte contare tutte le vittime che…"

"Piantala, Spike" lo zittì lei con tono più che altro esausto: "Parli come se non conoscessi Angelus. Lo sai che non è un vampiro come gli altri. Riuscire a fermarlo non è proprio una pass…"

""Fermarlo"? *Fermarlo*? Non *ucciderlo*?" Silvia sussultò lievemente a quella parola, e Spike ebbe una risata sarcastica: "Non riesci neanche a dirlo, come pensi di riuscire a farlo?" Silvia strinse i pugni, e non rispose. Temeva che parlando dalla sua voce risultasse chiaro che stava per mettersi a piangere.

Ma Spike se ne accorse comunque, e lungi dal lasciarsi commuovere, si imbestialì ancora di più: "Oh, certo, dimenticavo, l’idea di ucciderlo non è proprio contemplata! Lui non è un vampiro come gli altri, certo… è più cattivo, ma è anche il nostro povero Angel. E lui non lo possiamo uccidere, giusto? Per lui si fanno sempre eccezioni, anche se continua a sterminare poveri innocenti, tra cui tra l’altro anche la ragazza dell’osservatore — e qui si palesa la vera crudeltà di Angelus, perché una volta tanto che quell’uomo aveva trovato una che forse gliela dava…"

"Smettila!" gridò Silvia con gli occhi infiammati di rabbia e umidi di pianto: "Non riesci proprio a capire quanto sia difficile per me? Pensi che io non sappia cosa dovrei fare? Cosa credi, che io non ci pensi affatto? Che non me lo ripeta ogni singolo giorno? Che… che…" Silvia era arrivata al limite, stava per scoppiare a piangere davvero, e questo aumentava la sua irritazione. Senza dare spiegazioni troncò lì la conversazione, voltò bruscamente le spalle e si diresse in camera sua, sbattendo la porta. Spike era troppo intralciato dalla sedia a rotelle per fermarla, ma in realtà non ci provò nemmeno. Solo le gridò dietro, mentre scompariva nella stanza: "Comunque, buon compleanno!"

"Va al diavolo!" fu tutto ciò che lei gli rispose.

 

"E questo è l’allegro racconto del mio centotrentaseiesimo compleanno!" concluse Silvia.

Parlando, avevano ripreso a camminare, ed erano ormai arrivati alla macchina. Silvia si appoggiò al cofano, dal lato del passeggero, per scrollarsi la sabbia dai piedi.

"Ma era sempre così, tra voi?" chiese Angel, che le stava di fronte reggendole scarpe e borsetta.

"Vuoi dire se litigavamo in continuazione?" chiese lei a sua volta, prendendo la scarpa che Angel le porgeva. Il vampiro annuì.

Lei rifletté per qualche momento: "Sì." ammise poi, prendendo dalle mani di Angel anche l’altra scarpa: "Non facevamo altro che litigare, con qualche pausa per fare sesso. Io cercavo ogni tanto di essere gentile, ma non funzionava.
Lo trovi strano?" Angel aveva in viso un’espressione un po’ stupita.

"Sì." rispose il vampiro: "Un po’ mi sembra strano: credevo che la vostra convivenza fosse stata un po’ più piacevole." Le passò anche la borsa, poi si appoggiò alla macchina accanto a lei: "Ma in effetti la cosa non dovrebbe stupirmi molto," aggiunse, incrociando le braccia: "perché questo avvalora la mia tesi."

"Che io e Spike non siamo fatti l’uno per l’altra?" chiese lei, incrociando a sua volta le braccia.

"Esatto."

Silvia si strinse nelle spalle: "No so che dirti, Angel. Forse… probabilmente hai ragione tu. Però, vedi… in realtà, se si eccettua il fatto che tu eri senz’anima, e anche non considerando il sesso… io non posso dire di avere un brutto ricordo di quel periodo."

"Davvero?" chiese lui perplesso: "Ma hai appena detto che litigavate soltanto!"

"Bè, insomma, non era veramente così. Litigavamo spesso, è vero, ma non proprio ogni momento. Qualche volta, ricordo, abbiamo anche guardato la tv insieme, e fatto qualche pacifica conversazione, su cose banali, certo, ma… era bello." Silvia si fece indietro sul cofano, tirandosi su le ginocchia e infilando senza pietà i tacchi nella camera d’aria della ruota sotto di lei. Angel notò sgomento la cosa, ma con un certo sforzo si trattenne dal rimproverarla.

"Era bello che lui fosse sempre lì con me, capisci? Sempre." stava intanto continuando a spiegare Silvia, abbracciandosi le gambe: "Di comune accordo (una volta tanto) avevamo deciso che era meglio per lui restare in casa finché era sulla sedia a rotelle, per evitare di incontrare Buffy, o te. Così io sapevo sempre dov’era, e quando volevo stare con lui non dovevo fare altro che tornare a casa. Mi rendo conto che era un modo di vedere le cose molto egoista, e … in effetti mi sentivo un po’ in colpa ma… mi piaceva anche per questo, perché ero io a "comandare", a gestire la cosa. E probabilmente è anche per questo che litigavamo sempre."

Angel annuì: "Spike è abituato ad essere il capo. E per più di un secolo ha avuto qualcuno di cui prendersi cura. E poi, d’improvviso, era diventato lui quello bisognoso d’aiuto, e inoltre è arrivato Angelus a spodestarlo. La situazione doveva irritarlo moltissimo, se poi ci aggiungi…" Angel si fermò, rendendosi contro troppo tardi quello che effettivamente stava dicendo: "se ci aggiungi…" ripeté, pensando velocemente a qualcos’altro da dire: "Se ci aggiungi che è un gran bastardo, non ti devi stupire se…"

Si fermò quando la vide sorridere e scuotere la testa: "Lo so che hai ragione, Angel, non ti preoccupare. Stavi per dire che se ci aggiungi il fatto che io lo trattavo così male, è più che comprensibile che lui se ne sia andato appena ha ripreso a camminare."

"Comprensibile, ma sempre da gran bastardo."

Silvia scese giù dal cofano, per infilare il braccio sotto quello di Angel: "Già, è vero!" disse allegramente: "Sul fatto che Spike è una bastardo non ci piove!" e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia. Poi sospirò: "Però, non posso fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se io mi fossi comportata diversamente, se non l’avessi trattato così freddamene…"

"Freddamente?" chiese Angel dubbioso: "Avevo capito che c’era stato un gran bel po’ di sesso tra voi!"

"Oh, sì, quello sì! Aveva le gambe paralizzate, ma il resto funzionava più che bene, credimi! Da questo punto di vista quei giorni sono stati veramente…
Ma sto divagando troppo, non è di questo che volevo parlare…"

"Meno male!" commentò Angel, che non aveva detto niente perché non voleva interromperla, ma non aveva neanche voglia di ascoltare un elogio delle abilità amatorie di Spike.

Silvia sorrise di scusa, poi sospirò di nuovo: "Il fatto è che quando si arriva ad un certo punto, il sesso non basta più. E intendo non solo per me, ma anche per lui. Voleva… voleva che ci comportassimo come una coppia; voleva che io gli dimostrassi… amore. Invece io avevo troppa paura, e gli ho dato solo indifferenza." concluse sconsolata appoggiando la testa sulla spalla di Angel. Il vampiro le passò il braccio dietro la schiena, stringendola, e tentando di consolarla: "Ma queste sono tue supposizioni, no? Oppure lui ti ha mai detto qualcosa?"

Lei scosse la testa: "No. Spike non mi ha mai detto niente di esplicito sui suoi sentimenti. Tranne il giorno in cui ha ripreso a camminare. Prima di andarsene, mi ha detto di amarmi."

"E tu non gli hai risposto nulla?"

"Magari!!" rispose lei con una risata amara: "Gli ho detto di smetterla!"

"Di smetterla?!"

"Sì. Lui ha detto "ti amo", e io gli ho risposto: "Smettila, Spike, ti prego"."

Angel le accarezzò la spalla: "Capisco." disse. "Però lui rimane sempre un gran bastardo!" concluse, per sdrammatizzare.

"Oh, sì, questo, abbiamo appurato, è fuor di dubbio!" esclamò lei sorridendo.

Rimasero in silenzio per un po’ di tempo. Nessun dei due voleva entrare in macchina, perché questo significava che la serata era davvero terminata, e anche se sul finale i discorsi erano andati un po’ intristendosi, entrambi desideravano prolungarla ancora un po’.

"A proposito di litigi e compleanni…" iniziò ad un certo punto Silvia con enfasi: "Io e Spike abbiamo avuto una bella discussione anche il giorno del suo, di compleanno. E io gli avevo pure portato un regalo!" ormai c’aveva preso gusto a parlare di Spike con Angel, e seguendo i suoi pensieri le era venuto in mente quell’episodio.

Angel aggrottò la fronte, rendendosi conto che non sapeva la data di nascita di Spike: "E quand’è il suo compleanno?" le chiese.

"Non te lo ricordi?" gli chiese lei, sollevando la testa e voltandosi a guardarlo.

"A dire il vero credo di non averlo mai saputo." Già, perché interessarsi alla vita mortale del suo irritante granchilde? Solo perché l’aveva spezzata lui? Delle volte Angel odiava così tanto Spike, specie per quanto faceva soffrire Silvia, che si dimenticava che il vampiro, prima di essere un assassino tra i più feroci, era solo una sua vittima.

"Sì, in effetti credo che altrimenti te lo saresti ricordato." esclamò intanto Silvia, distogliendolo dai suoi pensieri.

"Perché?" chiese, temendo di essersi perso qualche pezzo.

"Perchè Spike non è nato in un giorno normale." spiegò lei: "Naturalmente doveva essere strano anche in questo. Il suo compleanno è il 29 febbraio."

"Curioso." commentò Angel: "L’anno scorso, però, non era bisestile." osservò ricordando.

"No, infatti." confermò lei sorridendo: "Il regalo e gli auguri glieli ho dati il 1° marzo."

"E che cosa gli hai regalato?"

"Una sedia a rotelle." Dopo un momento, aggiunse, quasi per giustificarsi: "Rompeva tanto di non potersi muovere dal letto!"

"E come avete finito per litigare, poi?" chiese Angel, curioso suo malgrado.

"Proprio per la sedia." spiegò lei: "Si è lamentato del fatto che erano due settimane che gliela promettevo, si era stufato di essere bloccato lì, io non stavo facendo nulla nei tuoi confronti… le solite cose." concluse Silvia facendo un gesto rotatorio con la mano, per indicare il ripetersi continuo di una stessa cosa.

"Noioso oltre che irritante." commentò Angel.

"Già." annuì Silvia: "E anche bastardo, naturalmente!"

Risero entrambi. Poi, dopo qualche secondo di silenzio, Angel le chiese: "Ti manca?"

"Sempre." rispose lei senza esitazione.

Angel sospirò.

"Ma non ti intristire, per favore!" esclamò lei con tono gaio: "È vero, abbiamo fallito nel nostro proposito di non parlare di Spike per tutta la serata," aggiunse, pensando con una punta di cattiveria che però Buffy per fortuna non era stata nominata: "però è stato comunque un bellissimo compleanno!"

"Sono molto contento che tu ti sia divertita. Dovremmo farlo più spesso."

"Sì, sono d’accordissimo!" annuì Silvia con enfasi, alzandosi in piedi. "Adesso, però, andiamo a casa, l’aria sta diventando un tantino troppo umida per i miei gusti!"

"Uh, sì, meglio non rischiare: alla tua età non bisogna scherzarci coi reumatismi!"

"Ah ah ah." finse di ridere lei, dandogli una piccola spinta. Aprì lo sportello, ma si fermò prima di entrare perché Angel le stava porgendo le chiavi.

"Ti va di guidare?" le chiese.

"Oh, sì!" esclamò lei, afferrando subito il portachiavi temendo che il vampiro potesse cambiare idea: non le permetteva mai di guidare la sua decappottabile.

Mentre Silvia girava intorno alla macchina per entrare dal lato del guidatore, Angel si sedette sul sedile del passeggero, cercando di assumere un aria indifferente mentre si afferrava convulsamente al sedile, preparandosi alla partenza.

La ragazza si sistemò tutta contenta al volante, regolando il sedile all’altezza giusta: "Ti ringrazio tanto Angel! Adoro guidare questa macchina, e tu non me lo lasci mai fare!"

"Sì, so che ti piace," le rispose lui: "però mettiti la cintura."

Silvia obbedì senza notare l’apprensione nella voce del vampiro. Mise in moto, ingranò la marcia, si voltò per fare marcia indietro, premette sull’acceleratore, e la macchina fece un balzo avanti, spegnendosi.

"Ops!" Silvia rise nervosamente: "Me lo dimentico sempre! Com’è che si mette la retromarcia?"