Asfalto e capelli dorati

Disclaumer: i personaggi citati non mi appartengono e non vengono usati a scopo di lucro. L’autrice scrive per puro piacere personale (e per la gloria ^_^) e non intende violare alcun copyright
Summary: una piccola riflessione su un amore che poteva essere e non è stato…
Pairing:nessuno
Timeline. Prima stagione di ats, dopo “The prodigal”
Raiting: per tutti
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Asfalto e capelli dorati

Quella era una autostrada come tante.

In un posto come tanti.

Guidare.

Senza sapere per dove.

Ma questo dettaglio contava poco.

Le piaceva guidare.

Con la luce che avvolgeva e carezzava come una madre benevola. E con il vento.

Adorava soprattutto il vento.

Specie quello freddo, quello che portava la pioggia.

Il vento che entrava di prepotenza nella sua auto e le scompigliava i capelli mentre era al volante.

E le ricordava una carezza gentile.

Una carezza che aveva sognato.

Da una mano conosciuta e fredda come quello stesso vento…

I capelli biondo chiaro sembrarono animarsi di vita propria mentre il soffio fresco del mare del primo mattino glieli intrecciava in strane combinazioni di nodi.

Allontanò alcuni ciuffetti ribelli dalla fronte con un gesto imperioso della mano .

Prima di sfiorare una tempia e sospirare.

Aveva mal di testa.

E soprattutto aveva nostalgia. Della sua città. Del suo lavoro.

E naturalmente anche di Angel.

Ma questo pensiero era ben sepolto sotto una serie serratissima di autoconvincimenti.

Ben lontano da poter essere anche solo preso in esame.

Kate stava bene senza di lui.

Kate poteva essere felice, anzi no!

Kate era felice. Si, assolutamente.

Kate non amava Angel.

Chiuse il finestrino e si lisciò i capelli con tre dita. Li aveva lasciati crescere e ora meditava di tagliarli, perché le arrivavano quasi fino…ah! Non lo sapeva nemmeno dove le arrivavano! Sembrava passato un secolo dall’ultima volta che si era specchiata!

Con uno sbuffo rassegnato si concentrò sulla strada che ora si apriva in più incroci.

Metaforicamente divertente. Il momento della scelta: abbandonare la California?

Fermò l’auto nello spazio riservato alle fermate d’emergenza. Infischiandosene bellamente del fatto che non avrebbe potuto, la sua auto non era in panne.

Ma non le importava di niente.

Ancora una volta.

Abbandonò la testa sulle mani serrate sopra lo spazio destinato all’airbag.

Una delle poche certezze della sua vita attualmente era proprio sapere che i chilometri sotto di lei non sarebbero finiti.

Che avrebbe potuto andare avanti così per tutto il tempo che avrebbe ritenuto necessario.

Niente certezze.

Niente obblighi.

Niente domani.

Non esisteva più niente della sua vita. La sua vecchia vita. Quella che aveva creduto di aver perso in parecchie occasioni negli ultimi anni.

Da quando era nata, in effetti.

Aveva pensato più di una volta che il dolore l’avrebbe spezzata.

Quando era morta sua madre.

Aveva pensato che niente avrebbe mai lenito la sua pena.

Quando il mondo che conosceva così bene, la legge, la giustizia e le regole della natura che le erano sembrate verità così ovvie da essere innegabili, si erano sgretolate sotto i suoi occhi.

Quando dopo aver perso suo padre si era resa conto che non avrebbe mai potuto più confessargli

i –ti voglio bene- trattenuti dai singhiozzi o dalla certezza che sentiva nelle viscere di non essere capita. Non avrebbe più potuto dirgli che l’unica cosa che voleva era un pezzetto di vita vera da condividere insieme.

Pianse e gridò e si tormentò i capelli fino a strapparli, quel giorno.

Suo padre era morto e Kate non avrebbe mai più potuto dirgli che non l’aveva mai odiato, nonostante tutto.

E così si ritrovò sola tra le macerie, quel giorno.

Mentre allontanava l’unica persona nell’abbraccio della quale avrebbe voluto seppellirsi.

Mentre quel mondo che fino ad allora le si era mostrato filtrato attraverso gli occhi di Angel che cercava di proteggerla, le azzannava il cuore e se lo divorava incurante.

Mentre lei nascondeva le grida nell’alcol e nei barbiturici.

E soffocava sperando di non essere salvata.

Ma come sempre nella sua vita, niente di quello che voleva o sperava si realizzava mai.

Ricordava ancora con tenerezza il giorno in cui aveva tentato il suicidio. E Angel l’aveva salvata trascinandola sotto una doccia gelata.

Ancora una volta come le sue mani. Il suo fiato e le sue carezze.

Ricordava ancora con tristezza il momento esatto, lo sguardo in cui aveva capito che non gli avrebbe permesso di restare.

Nella sua casa e nella suo cuore.

Perché esisteva un’altro mondo.

Che prendeva vita di notte.

E a volte la toglieva, la vita.

Un altro mondo con altre leggi.

Un mondo in cui lei non serviva, in cui non aveva posto.

Una finestra aperta su quel mondo da due occhi che erano pozze di luce oscura.

Il mondo di Angel.

Che non era il mondo di Kate.