Riconciliazione
 

Scritto da: **AnneLiz-Alexandra**
Spoiler per: In generale è una mia ipotesi sulla fine della settima stagione di BtVs. Per quanto riguarda AtS, ci sono in giro alcuni spoiler che affermano che Angel dovrà uccidere Condor, per cui ho preso la palla al balzo. Diciamo comunque tutta la quarta stagione fino a “Sides” 4x16.
Pairing: Un po’ di B/S
Rating: Angst… con un po’ di luce in fondo al tunnel!
Timeline: Post “Get It Done” per BtVS e post “Sides” per AtS. E’ come è finita la battaglia finale contro il First, e come Angel ha risolto le cose a Los Angeles.
Summary: Se ancora non fosse chiaro, è lo stato delle cose a Sunnydale dopo la battaglia contro il First.
Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt, la WB, ME, UPN e la Fox. L’autrice scrive senza alcun scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
§ Buona lettura! §

Riconciliazione


 
Si guardò intorno, alzandosi lentamente. La sua casa era stata quasi completamente rasa al suolo. Non erano rimaste che macerie e qualche brandello di muro. Le colonne erano state le prime a cedere.



Il suo sguardo viaggiò tra le varie figure a terra, immobili. Alcune erano ancora riconoscibili. Altre erano a pezzi, se ne potevano trovare una gamba o un braccio sparsi in giro.



Non pensò neanche di frenare il conato di vomito che arrivò alla bocca dello stomaco. Non si preoccupò di tenere indietro i capelli, come avrebbe fatto di solito. I suoi capelli biondi avevano assunto un colore ramato. Il sangue delle persone che aveva amato li aveva macchiati.



Senza prestar veramente attenzione, vide di sfuggita il coccio di uno specchio. Lo riconobbe istantaneamente come lo specchio della sua camera. Vi si era pettinata i capelli, proprio poco prima di scendere le scale, ed aspettare il suo destino.







“Si legò i capelli con attenzione in una treccia alta. Pensandoci, non le importava veramente qual era il suo aspetto. Non se, probabilmente, sarebbe morta di lì a pochi minuti.



Controllò l’orologio a muro. Le cinque. Questo significava che aveva ancora un po’ di tempo, prima di dover svegliarlo.



Guardò nello specchio, angolandosi verso il letto. Niente. Il letto sembrava vuoto. Sorrise. Il cuscino si spostò magicamente, cadendo a terra.



Si voltò, camminando silenziosamente verso il letto. Attenta a non far rumore o svegliarlo, vi si sedette ai piedi. Con mano leggera, accarezzò le gambe nude, prestando particolare attenzione ad una cicatrice sulla caviglia destra. Lo sentì muoversi leggermente, ed appoggiò la mano, calmandolo. Lui si fermò istantaneamente, tornando a dormire.



Con lo sguardo, risalì il suo corpo lentamente, arrivando al viso. La luce della lampada sul comodino creava sottili ombre sul suo viso perfetto, facendo sembrare il suo volto ancora più cesellato.



Sorrideva nel sonno, Spike, stava sicuramente sognando qualcosa di bello. Forse camminare alla luce del sole, magari vivere una vera vita con lei, avere dei bambini… tutte cose che non potevano avere.



Una lacrima scese silenziosa dai suoi occhi, cadendo sulla guancia del vampiro addormentato. Lei la asciugò, accarezzando dolcemente la pelle morbida del viso. Quel gesto, quel semplice gesto, significava volumi di parole.



Lei lo guardava, e lo toccava, e sentiva tutto l’amore che radiava dal suo tocco. Sentiva l’amore di lui quando la guardava con quei sorprendenti occhi blu, quando la stringeva a sé di notte. Sentiva che sarebbe potuta morire per quest’uomo, perché era diventato come un uomo. Nel momento stesso in cui il pensiero si affacciò alla sua mente, altre lacrime calde cominciarono a scendere copiose.



Lui dormiva, consapevole della distruzione che sarebbe accaduta di lì a poche ore. Anche lei lo sapeva, ed era semplicemente incapace di poter fare qualcosa. Era semplicemente incapace di poter fare qualcosa oltre che compiangersi, e stringere a sé coloro che amava.



L’addio ai suoi amici, se di addio vero e proprio si era trattato, era già stato doloroso. Ma una cosa necessaria, perché che vivessero… beh, di questo non ne avevano la certezza.



E adesso era venuto anche il momento di dire addio a lui. Spike aprì gli occhi lentamente sotto il tocco della sua pelle, e sorrise tristemente. La scintilla… la scintilla di cui le aveva parlato qualche mese prima, ora la vedeva, scintillante nei suoi occhi.



E accompagnata da qualcos’altro, qualcosa di così terribile che avrebbe voluto cancellarla per sempre dal suo sguardo. Disperazione. E consapevolezza. Consapevolezza che non tutti sarebbero sopravissuti. E consapevolezza che questa volta non sarebbe stato come con Glory, nessuno avrebbe potuto riportare indietro gli altri. E di certo nessuno si sarebbe mai arrischiato a fare più una cosa del genere.



Anche lei sorrise, gli occhi ancora rossi dal pianto. Lui alzò una mano ai suoi capelli, passandoli tra le dita, soffici come seta. Poi sollevò la testa su un gomito e appoggiò le labbra alle sue, sfiorandole per qualche momento prima di tornare a sdraiarsi.



Lei gli si sdraiò acanto, chiudendo gli occhi, cercando di memorizzare per sempre la sensazione del suo corpo accanto al suo, cercando di memorizzare il modo in cui la sua vicinanza la faceva sentire ogni volta. Per l’ultima volt. Erano rimasti in quel letto per l’ultima volta.”







Depose a terra il coccio, tornando a guardarsi in giro. Uno strano senso di sollievo cominciò ad invaderla completamente, e si strinse le braccia intorno al corpo. L’unico pensiero che poteva consolarla, era che non avevano sofferto. Riusciva a pensare che era finito subito, e in fretta, senza dolore.



Il corpo di Spike giaceva poco distante da lei, stranamente intatto e stranamente non polverizzato. Forse qualche entità sconosciuta le aveva regalato almeno questo. Le aveva lasciato il suo cadavere, come segno che il loro amore non era stato solo un sogno, un’illusione. O forse il destino aveva solo voluto giocarla ancora, facendolo sembrare più vivo che mai, anche se morto.



Dall’altra parte della casa, lei riconobbe un altro corpo, a terra, che per quanto possibile, era ancora riconoscibile. E con orrore si accorse che Xander, seppur a fatica, stava ancora respirando. Arrivò al suo fianco in un attimo, un balenio di bianco nella notte scura. Aveva il viso emaciato, Xander, come tante altre parti del suo corpo. Ma poteva ancora notare il lento alzarsi e abbassarsi del suo petto. Strinse una delle sue mani tra le sue, cercando di conferirgli tutto il suo calore, tutto l’affetto che temeva non era stata capace di mostrargli.



Xander girò brevemente la testa nella sua direzione, curvando le labbra nelle sembianze di un sorriso. Ma lei non aveva la forza di sorridere. Non quando il suo migliore amico si stava spegnendo lentamente davanti ai suoi occhi. Sentì di nuovo un conato di vomito, ma stavolta lo represse, concedendo solo alle lacrime di cadere silenziosamente dai suoi occhi irriconoscibili.



Gli occhi di chi ha visto la morte, e l’ha assaggiata, e l’ha aggirata in tutti i modi possibili, non erano più occhi umani. Perdevano la luce della vita, perdevano la fiamma della speranza. La forza, apparteneva solo al suo corpo, non più alla sua mente.



Gradualmente, il respiro di Xander si fece affannoso, come se cercasse di recuperare l’aria che stava lentamente spirando via dai suoi polmoni. Lei strinse più forte la sua mano, conscia del fatto che probabilmente gli stava facendo male, ma non le importava molto allora. E quando sentì il suo respiro rallentare, fino a fermarsi improvvisamente, e quando sentì il calore abbandonare il suo corpo, diventando freddo come un vampiro, ma ancora peggiore di un vampiro… allora si rese conto di non avere più legami con la sua vecchia vita.



Allora poté guardare le sagome di Giles, Willow, Spike, Dawn, Anya e Xander, nella propria memoria, e dire loro finalmente addio, addio come meritavano.



Non pianse. Non voleva piangere. Ma urlò, urlò con tutta la forza che le era restata nei polmoni, con tutto la disperazione che attanagliava il suo cuore, con tutta se stessa, con la forza della terra, e anche di più.



Urlò perché avrebbe avuto voglia di distruggere, ma sapeva che c’era già stata abbastanza distruzione in quel luogo. Urlò senza sapere veramente a chi. Urlò al Consiglio, distrutto anch’esso. Urlò ai Poteri, che le avevano scelto fin dalla nascita una vita di sofferenze. Urlò a quel Dio in cui non era più sicura di credere.



Urlò fino a quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla, cautamente, quasi avesse paura di essere aggredito. Si girò di scatto, le lacrime che aveva rifiutato di versare che le offuscavano gli occhi.



Ma lo avrebbe riconosciuto, anche se fosse stata cieca. Avrebbe riconosciuto il suo tocco gentile anche all’Inferno, se ce ne fosse stato bisogno. Alzò il viso, portando lo sguardo all’altezza del suo, riconoscendo il tormento di quegli occhi tanto amati.



Riconoscendo quel tormento come proprio, perché anche lui non aveva più niente. Perché aveva saputo, solo giorni prima, che anche lui aveva perso tutto. Si alzò con decisione, stringendo nella propria la mano che era stata sulla sua spalla.



Lui la guardò lungamente, senza parlare, senza chiedere qualcosa che era così dannatamente chiaro solo guardandosi intorno. Senza chiedere perché, alla fine, fossero di nuovo insieme, di nuovo loro due. Senza capire veramente qual era lo scopo ultimo di chi li aveva fatti riunire, senza percepire l’ironia di ciò.



Perché Angel aveva smesso di scherzare. Così come Buffy.



Perché Angel aveva dovuto uccidere suo figlio, e uccidere Cordelia, affinché il mondo fosse nuovamente salvo. Angel aveva dovuto assistere alla morte di Fred, Gunn, Wesley, Lorne. Faith era scomparsa tempo prima, proprio a Sunnydale. Trasformata in energia pura, nella battaglia che sembrava impossibile contro il First.



“Sapevo che saresti venuto.” Lei bisbigliò, la voce roca dalle lacrime e dalle urla.



“Ti troverei anche all’Inferno… non puoi liberarti di me.”



Buffy corrugò la fronte involontariamente, ricordando il sogno che l’aveva perseguitata nei mesi di esilio dopo Acathla. Sorrise, vagamente, e lo spinse avanti, allontanandolo dalla distruzione a cui i suoi occhi non potevano più assistere.



“Lo so.” Rispose semplicemente. “L’ho sempre saputo.”





FINE